Gli indicatori continuano a registrare miglioramenti (mercato del lavoro, reddito disponibile delle famiglie), ma la Bce teme che i rischi al ribasso possano compromette la ripresa
Tra i rischi al ribasso che potrebbero compromettere la piena ripresa dell'Eurozona paventati dalla Banca centrale europea – scenari geopolitici, rallentamento delle economie emergenti – anche l'ipotesi Brexit (il referendum è in programma il 23 giugno) è motivo di preoccupazione, per quanto i sondaggi diano in queste ore di nuovo in vantaggio il fronte del “remain” sulla scia di quanto accaduto nei giorni scorsi.
La possibilità che il Regno Unito esca dall'Unione europea rappresenta un ostacolo perché l'eventuale impatto (economico) risulterebbe piuttosto esteso. Per la Banca d'Inghilterra si tratta di una minaccia alla stabilità finanziaria a causa di un probabile deprezzamento della sterlina. Per l'Europa, che pure ha registrato segnali di miglioramento negli ultimi mesi, un'ulteriore frenata arginerebbe di fatto la risalita, peggiorando così le stime di crescita.
Un andamento dell'attività a ritmo lento, tralasciando le conseguenze più dirette in caso di Brexit, avrebbe a sua volta ripercussioni su consumi e occupazione, già messi a dura prova dalla bassa inflazione per cui la Bce sta attuando misure di stimolo aggiuntive. Anche se gli incrementi occupazionali rilevati e i prezzi ancora bassi del petrolio sono un sostegno al reddito disponibile delle famiglie.
Infatti, il Pil in termini reali dell'area della moneta unica è aumentato nel primo trimestre del 2016, trainato soprattutto dalla domanda interna, mentre il trend delle esportazioni risulta più debole. Nello stesso periodo di riferimento l'occupazione nell'Eurozona è cresciuta dello 0,3%, stesso andamento rilevato nell'ultima parte del 2015.
Il migliore andamento del mercato del lavoro è confermato anche dal tasso di posti vacanti, che riguarda il lato della domanda, cioè le imprese. Nel primo trimestre 2016 è cresciuto nell'Eurozona, arrivando all'1,7% dall'1,6% del trimestre precedente (all'incirca la stessa tendenza osservata nell'Ue28).
Ma a pagarne le spese maggiormente, qualora a vincere il 23 giugno sia il fronte del “leave”, saranno soprattutto le esportazioni. E, sebbene l'Italia sia meno esposta di altri partner europei (ad esempio rispetto alla Germania), il problema riguarderebbe anche il nostro paese. Secondo le stime Sace, infatti, l'impatto negativo sull'export italiano oscillerebbe tra i 200 e i 500 milioni di euro nel 2016 e fino a 1,7 miliardi l'anno successivo.