I motivi vanno dalle lunghe liste di attesa alle ragioni economiche, alla scomodità del servizio. Taglio del cuneo, ne beneficeranno oltre due milioni di italiani in più. Crescita acquisita ferma allo 0,4%, industria debole
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Aumenta il numero di italiani che rinunciano a curarsi. Nel 2023 è stato il 7,6% della popolazione, contro il 6,3% del 2019. "La quota di quanti hanno rinunciato a causa delle lunghe liste di attesa risulta pari al 4,5% (era il 2,8% cinque anni fa). Le rinunce per motivi economici riguardano il 4,2% della popolazione, quelle per scomodità del servizio l'1%". A lanciare il monito è il presidente dell'Istat Francesco Maria Chelli, che durante la sua audizione sulla Manovra ha citato l'indagine dell'Istituto di statistica "Aspetti della vita quotidiana" con informazioni sulle persone che, pur avendone bisogno, hanno dovuto rinunciare a un accertamento diagnostico o a una visita specialistica.
Dai calcoli presentati dall'Istat in audizione risulta poi che sono 2,4 milioni i lavoratori in più che nel 2025 beneficeranno del nuovo taglio del cuneo previsto dalla Manovra nella forma di bonus fino a 20mila euro e di detrazione da 20mila a 40mila euro. Complessivamente i beneficiari saranno 17,4 milioni. E' quanto emerge dai calcoli presentati dall'Istat in audizione alle commissioni Bilancio. Nel dettaglio, i nuovi beneficiari riceveranno in media 576 euro l'anno. Scendendo nel dettaglio, per i lavoratori dipendenti con reddito complessivo, al netto della prima casa, non oltre i 20mila euro, il taglio porta un beneficio annuo di 544 euro: la misura interessa 7 milioni di persone per una spesa complessiva di 3,8 miliardi. Per i redditi oltre i 20mila euro e sotto i 40mila il taglio viene realizzato con un'ulteriore detrazione, rapportata al periodo di lavoro, pari a mille euro se il reddito è sotto i 32mila euro, mentre sopra si applica un meccanismo che riduce gradualmente la detrazione fino ad azzerarla a partire dai 40mila euro. D'altro canto, circa 500mila individui lo perderanno: si tratta, spiega l'Istituto, di coloro che hanno un reddito di riferimento per i contributi sociali inferiore a 35mila euro e un reddito complessivo superiore a 40mila e che usufruivano della decontribuzione in vigore nel 2024.
Quanto alla crescita, Chelli spiega che "l'attività industriale continua a mostrare segnali di debolezza. Nelle stime preliminari, la variazione nulla del Pil è la sintesi di una forte riduzione nel settore dell'industria, di un calo del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura e di una espansione in quello dei servizi. La crescita acquisita per il 2024, la crescita annuale che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale nulla nell'ultimo trimestre dell'anno, resta ferma allo 0,4%".