Secondo la Coldiretti, nel corso dei primi due mesi dell'evento l'export agroalimentare è cresciuto del 10%
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L'Expo 2015 sta centrando uno dei suoi numerosi obiettivi: incentivare le esportazioni agroalimentari italiane. I dati raccolti dalla Coldiretti lo dimostrano ampiamente.
Nel primo semestre dell'anno, infatti, l'export di prodotti agroalimentari è cresciuto dell'8%. Un aumento sostanzioso dovuto al tasso di cambio più favorevole e anche all'Expo milanese, osserva la Coldiretti: nel bimestre maggio-giugno – in occasione dei primi due mesi dell'esposizione universale, dunque – le esportazioni sono aumentate del 10%: tre punti percentuali in più rispetto alla crescita registrata nel quadrimestre che ha preceduto l'evento (gennaio-aprile).
Gli obiettivi per il 2015 (per quest'anno, il governo intende esportare prodotti agroalimentari per un valore complessivo di 36 miliardi di euro) sono a portata di mano. Lo scorso anno, per inciso, le esportazioni agroalimentari furono pari a 30 miliardi.
Con l'Expo, l'interesse dei consumatori per l'agroalimentare italiano è cresciuto. Un interesse che tra gli stranieri era molto forte ancor prima dell'inizio dell'esposizione universale a Milano: stando ad una stima di Federalimentare, nel mondo, ogni anno 1,2 miliardi di persone acquistano un prodotto alimentare italiano.
Ma a beneficiare dell'effetto Expo potrebbero essere anche i prodotti biologici, le cui vendite all'estero – secondo l'Osservatorio Sana, curato da Nomisma – sono cresciute a ritmi vertiginosi negli ultimi anni. Quelli della crisi economica. Nel 2014, le vendite sui mercati stranieri di prodotti bio state pari a 1,4 miliardi di euro: il 12,7% in più rispetto all'anno precedente. Dal 2008, invece, la crescita è stata del 337%.
Del resto le aziende biologiche italiane, che secondo Coldiretti hanno toccato le 49.070 unità nel 2015 (+12% rispetto al 2014), sono fortemente propense all'export: l'80% delle imprese, esaminate dall'Osservatorio Sana, vende i propri prodotti anche all'estero. Mentre il 24% del fatturato è riconducibile alle vendite sui mercati internazionali contro il 18% medio delle aziende agroalimentari italiane.