Per i giudici il rifiuto del dipendente di accettare la modifica unilaterale non rappresenta una giusta causa per la risoluzione del contratto
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Rifiutare una consistente riduzione del proprio stipendio non costituisce giusta causa di risoluzione di un contratto di lavoro. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue. "Il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto per ragioni non inerenti al lavoratore stesso rientra nella nozione di licenziamento", spiegano i giudici.
"La risoluzione di un contratto di lavoro in seguito al rifiuto del lavoratore di acconsentire alla modifica costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi", scrive ancora la Corte.
La vicenda - La Corte di Gisutizia Ue era stata chiamata a esprimere un giudizio sul caso di un dipendente spagnolo di un'azienda che aveva chiuso numerosi contratti di lavoro per motivi e con modalità differenti. Il lavoratore chiedeva l'applicazione della legge sui licenziamenti collettivi che l'azienda invece negava, avendo chiuso dei contratti anche con il consenso di alcuni dipendenti.
Tra questi, una lavoratrice aveva acconsentito alla risoluzione consensuale dopo aver rifiutato una decurtazione dello stipendio del 25%. Ma, scrive la Corte, in questo caso la cessazione del rapporto di lavoro "è imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro a un elemento sostanziale del contratto per ragioni non inerenti alla persona della lavoratrice stessa. Tale cessazione -conclude la Corte -. costituisce quindi un licenziamento".