"SOSTENERE GLI INVESTIMENTI"

La crisi Ucraina e i rapporti Italia-Russia, Intesa: persi 5,3 mld da interscambio

Ma per il presidente di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico, "i margini per ripartire ci sono" e l'Italia "non deve farsi coinvolgere in questa nuova Guerra Fredda"

26 Feb 2015 - 15:44
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"Sanzioni e controsanzioni, prima ancora della caduta del rublo, hanno determinato nel 2014 una perdita di 5,3 mld di euro nell'interscambio tra Italia e Russia (-17% sul 2013)". Così il presidente di Banca Intesa Russia e dell'Associazione Conoscere Eurasia, Antonio Fallico, ha spiegato, in apertura dei lavori del seminario italo-russo sulle "Opportunità malgrado la crisi", svoltosi a Milano, il costo della crisi ucraina.

La crisi Ucraina e i rapporti Italia-Russia, Intesa: persi 5,3 mld da interscambio

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© ansa  | Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia
© ansa  | Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia
© ansa  | Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia

© ansa | Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia

© ansa | Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia

"In poco tempo - ha sottolineato quindi Fallico - si è riusciti a bruciare anni di lavoro delle nostre imprese, che avevano fatto della Russia il mercato di sbocco più promettente per il nostro Paese, con una crescita dell'export made in Italy verso Mosca del 327% dal 2000 al 2013".

"Non farsi coinvolgere da questa nuova Guerra Fredda, ci sono margini di miglioramente per la nostra economia" - Nonostante una situazione apparentemente non rosea, tuttavia "i margini per ripartire ci sono: Europa e Italia confidano molto nella mediazione avviata dalla cancelliera Merkel". "Mai come ora – ha aggiunto Fallico – è fondamentale dare segni di discontinuità rispetto a questa nuova Guerra Fredda, in cui a rimetterci non sono certo gli Stati Uniti (che secondo l'Italian trade Agency nei primi nove mesi del 2014 hanno visto crescere le proprie esportazioni verso Mosca del 23%) ma la Russia, l'Europa e soprattutto l'Italia, che nell'ultimo anno ha lasciato a casa 1,25 mld di euro di merci (-11,6%). E a gennaio 2015 le nostre vendite sono sprofondate a -36,7%, che tradotte in euro significano quasi 250 mln in meno per le imprese italiane".

La crisi colpisce soprattutto l'export di prodotti tessili e dei prodotti meccanici ed elettronici - Secondo la Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, che ha elaborato i dati Istat dei primi 12 mesi del 2014, sono in flessione le vendite italiane di due settori principali dell'export verso Mosca: i prodotti tessili e dell'abbigliamento e pelle (-16,4%) e gli apparecchi elettrici ed elettronici, macchinari meccanici e mezzi di trasporto (-13,7%), per un controvalore di circa 1 miliardo di euro di perdita per questi due comparti.

In aumento solamente l'export di prodotti farmaceutici (+33,4%) mentre in ambito agro-alimentare le vendite italiane sono diminuite nel complesso del 12,6%, su cui pesa, secondo le elaborazioni Intesa Sanpaolo, il calo del -38% per i prodotti oggetto di sanzioni, un vero e proprio crollo "se si tiene conto che le sanzioni sono state adottate solo a settembre".

"La crisi non deve bloccare gli investimenti italiani" - Per il presidente di Banca Intesa Russia inoltre, "le tensioni geopolitiche, il ciclo petrolifero, la caduta del rublo e quella prospettata del Pil limiteranno ma non arresteranno gli investimenti previsti da Mosca. Si parla di oltre 400mld di euro previsti per le grandi opere, su cui il know how italiano deve necessariamente giocare un ruolo rilevante e non perdere il posto a favore dei nuovi partner commerciali di Mosca".

Dello stesso parere Vittorio Loi, partner dello studio legale Pavia e Ansaldo: "Appare sempre più evidente – ha detto - la necessità di valutare e individuare le forme e le modalità di un investimento diretto in Russia quale opportunità volta a scongiurare che importanti aree e fasce di mercato siano presidiate da operatori provenienti da altre latitudini, a scapito di un arretramento della presenza europea e italiana in particolare".

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