Nel testo votato alla Camera norme severe sulla tracciabilità dei pagamenti e sui requisiti igienico-sanitari
Arriva per la prima volta in Italia una legge che regola uno dei tanti rami in cui si è sviluppata in questi anni la sharing economy, ossia quella dei ristoranti "fatti in casa" e di tutte le attività di "social eating". Del resto, il fenomeno degli italiani appassionati di cucina che decidono di arrotondare aprendo le porte delle loro case, ha preso velocemente piede affermandosi soprattutto come punto di riferimento per i turisti( ma non solo) desiderosi di scoprire dal vivo gusti e abitudini delle città che li ospitano. Era necessario, dunque, arrivare a una legge ad hoc che regolamentasse tutto questo.
I numeri Secondo una ricerca Fipet Confercenti, nel 2014 sono state organizzate 37mila cene social, con un ricavo medio di 198 euro (con un fatturato totale di 7,2 milioni di euro) per circa 300mila partecipanti. Il numero di cuochi, invece, era di 7mila.
I punti della legge Dopo le prime proposte datate 2009 e dopo che nel 2015 il ministero dello Sviluppo ha emanato una prima risoluzione, il 17 gennaio la Camera vota un testo risultato dell'unificazione delle proposte di legge presentate da Pd, M5s, NCd e Sel. Una legge snella composta da sei articoli e volta a "disciplinare l'attività non professionale di ristorazione esercitata da persone fisiche nelle abitazioni private" e al tempo stesso fornire strumenti che tutelino sia i consumatori sia la leale concorrenza. Prima di tutto, la legge stabilisce che l'attività di home restaurant si avvalga di piattaforme tecnologiche che possano prevedere commissioni sul compenso di servizi erogati. Per questo, pagamenti e prenotazioni dovranno avvenire eslusivamente attraverso piattaforme online che tracceranno tutto per scongiurare il pericolo di evasione fiscale. E' stato fissato un tetto giornaliero di coperti, al massimo 10 e i compensi non potranno superare i 5mila euro all'anno. Se questa soglia verrà superata, scatterà l'obbligo di dotarsi di partita Iva e di iscrizione all'Inps.
Quanto al servizio, i cuochi dovranno assicurarsi che le loro abitazioni possiedano i requsiti igienico-sanitari previsti dalle leggi e dai regolamenti vigenti. Per questa ragione, per avviare l'attività occorrerà inviare al proprio comune la segnalazione certificante l'inizio di essa, e a copertura degli eventuali danni relativi dovrà essere stipulata una polizza per la responsabilità civile verso terzi.
Secondo Lino Enrico Stoppani, presidente della Fipe Confcommercio, si tratta di una legge fatta non soltanto per tutelare gli interessi degli imprenditori ma soprattutto quella dei consumatori "perché col cibo non si può scherzare". A chi opera nel settore, invece, la legge va stretta. Infatti, da quando il ministero dello Sviluppo ha inziato a emanare le prime direttive nel 2015, tanti home restaurant hanno già chiuso, a detta loro, a causa dell' "eccessiva confusione che faceva fioccare multe salate".