Alcuni studi hanno certificato che le imprese, con una presenza femminili ai vertici societari più numerosa, realizzano performance migliori rispetto alle loro concorrenti
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Nei giorni scorsi il Consiglio europeo non ha raggiunto un'intesa sulla risoluzione, già approvata dal Parlamento europeo, secondo cui entro il 2020 le donne dovrebbero occupare almeno il 40% dei posti nei Consigli di Amministrazione delle società quotate in borsa.
Dunque all'interno delle istituzioni europee si fatica a trovare un accordo in merito – solo 15 ministri su 28 del Consiglio Ue si sono espressi a favore di una introduzione vincolante a livello europeo della proposta –, eppure consentire alle lavoratrici di ricoprire incarichi all'interno dei CdA garantirebbe alle imprese il conseguimento di risultati migliori rispetto alle loro concorrenti che si dimostrano meno attente al rispetto delle quote rosa.
Stando ai risultati di un'analisi dell'Osservatorio AUB - Unicredit - Bocconi condotto sulle aziende familiari di medie e grandi dimensioni, le imprese che già rispettano quanto previsto dalla legge sulle quote rosa, con un Consiglio di amministrazione composto quindi per il 33,3% da donne, fanno registrare performance superiori sia in termini di crescita che di redditività. Mentre uno studio condotto da Ernst&Young sulle 290 principali società quotate in borsa rileva che le imprese con almeno una donna nel CdA realizzano utili decisamente più elevati rispetto a quelle con i vertici aziendali interamente maschili.
Nonostante un mercato del lavoro caratterizzato da forti disuguaglianze di genere in termini di opportunità (il tasso di occupazione femminile è più basso rispetto a quello maschile) e di riconoscimenti (a parità di incarico, mediamente una donna percepisce una paga inferiore rispetto ad un collega uomo) in Italia la presenza femminile nei Consigli di Amministrazione è cresciuta molto negli ultimi anni, fino a toccare il 26,3% nel 2015 contro il 5,9% del 2008.
Dunque a quattro anni di distanza dall'approvazione legge Golfo-Mosca, che prevede l'assegnazione per tre mandati alle donne di un terzo dei posti disponibili nei CdA e dei collegi sindacali delle società quotate in Borsa e di quelle a partecipazione pubblica, il nostro Paese ha fatto molti passi in avanti e a beneficiarne potrebbe essere l'economia.