Ma i nostri connazionali 'cercano fortuna' anche all'estero e a volte lo fanno senza ottenere un lavoro adeguato alle loro competenze
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Ogni anno tanti cittadini italiani e stranieri – secondo l'Istat, il fenomeno interessa di media oltre il 2% della popolazione – si trasferiscono in un altro Comune. Lo fanno principalmente per cercare un impiego.
Secondo il Rapporto 2015 sulle migrazioni interne in Italia – Tempo di cambiare, condotto dall'Istituto di studi sulle società del Mediterraneo del Cnr di Napoli, nel 2013, oltre 1,36 milioni di persone (pari al 2,3% della popolazione) hanno lasciato la propria casa, per andare a vivere in un Comune della stessa regione o di una regione diversa. In calo rispetto al 2012, quando i cittadini italiani e stranieri, che si trasferirono in un altro Comune, furono un milione e 556 mila (dati Istat).
Cosa ha spinto così tante persone a trasferirsi? La ricerca di un impiego, innanzitutto. Ma il lavoro non rappresenta l'unica causa, osserva chi ha condotto il report. Alla base dei flussi migratori – il più significativo dei quali non è dal Mezzogiorno verso il Nord, bensì tra le province centro-settentrionali – troviamo anche l'esigenza di formazione e di una qualità della vita migliore.
Il fenomeno migratorio ha coinvolto tanto i cittadini italiani quanto quelli stranieri, è vero. Ma i secondi si sono dimostrati più propensi dei nostri connazionali a trasferirsi. I dati lo dimostrano ampiamente: nel 2013, tra gli stranieri si sono trasferite 53,5 persone su mille contro i 20 su mille degli italiani.
Ma gli italiani 'cercano fortuna' anche oltre-confine – nel 2013 emigrarono 82 mila italiani: il numero più alto dell'ultimo decennio, secondo l'Istat – e a volte lo fanno senza ottenere un impiego adeguato alle loro competenze.
Stando ad un rapporto dell'Ocse, l'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo economico, negli ultimi anni il livello di scolarizzazione tra gli emigrati italiani è cresciuto parecchio: tra il 2001 e il 2011, infatti, la quota di persone 'poco qualificate’ tra gli emigrati verso altri Paesi dell'area Ocse è calata dal 60,2 al 50,1%, contemporaneamente quella degli 'altamente qualificati' è passata dal 12,1 al 19,4%.
In molti casi, però, il crescente livello di scolarizzazione non ha garantito agli italiani un impiego all'altezza della loro preparazione. Tra gli emigrati italiani, il tasso di occupazione nel 2011 era del 66,9% (tre punti percentuali in più rispetto al 2001), ma nel 62,9% dei casi si trattava di un lavoro con livello medio o basso di competenze.