Le professioni ICT sono tra le più richieste dalle imprese, nonostante le difficoltà a reperire le competenze adeguate
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L’impatto tecnologico sul mercato del lavoro potrebbe essere positivo, al netto di qualsiasi previsione catastrofica al riguardo. Di recente diversi studi hanno messo in luce gli aspetti controversi legati all’automazione dei processi produttivi che, in alcuni casi, possono valere la perdita di posti di lavoro (soprattutto quelli che prevedono mansioni routinarie e un basso livello di competenze). Ma è davvero così?
n generale c’è da osservare che nelle fasi in cui l’impatto tecnologico è più diffuso – attraverso nuove scoperte o l’introduzione di macchinari sofisticati – non necessariamente sono cresciuti i livelli di disoccupazione. Al contrario nuove figure professionali, sempre più richieste dalle imprese, sono emerse.
Secondo una rilevazione di Confartigianato, la rivoluzione digitale che stiamo attraversando contribuisce a movimentare il mercato del lavoro. Tra il mese di luglio e quello di settembre sono stimate nelle imprese 117.560 assunzioni di personale con titoli di studio legati all’innovazione tecnologica. Le opportunità, insomma, non mancherebbero. Il problema, piuttosto, riguarda la difficoltà degli imprenditori le persone giuste per mancanza di competenze.
Molte delle analisi sul tema concordano che lo sviluppo di competenze è alla base di un’occupazione in crescita nonostante l’automazione e l’impiego delle intelligenze artificiali nelle frabbriche o negli uffici.
Tanto negli Stati Uniti quanto in Europa si rileva nei settori interessati un incremento occupazionale. E in Italia? A dare una certa misura del fenomeno è stato l’Istat, nell’ambito di una recente audizione alla commissione Lavoro del Senato.
Nel nostro paese gli occupati nel segmento di riferimento risulterebbero essere – al 2016 – 750 mila, in aumento del 4,9% nell’ultimo anno (+1,3% l’aumento dell’occupazione totale) e del 12% rispetto al 2011. L’incidenza sull’occupazione totale è stimata al 3,3%, una quota lievemente inferiore a quella di Francia e Germania (rispettivamente del 3,6 e del 3,7% nel 2015).
Per quanto riguarda i settori, i più dinamici sembrano essere quelli che operano nella produzione degli autoveicoli, l’elettronica, la farmaceutica e la metallurgia. Ma come è cambiata l’occupazione tra il 2011 e oggi?
Stando alle rilevazioni Istat, l’occupazione è cresciuta nelle professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi (+403mila), nelle professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione (+330mila) e al tempo stesso nelle professioni non qualificate (+268mila). Variazioni negative si sono invece osservate nel gruppo degli artigiani, operai specializzati e agricoltori (-579mila) e in quello delle professioni esecutive nel lavoro d’ufficio (-106mila).
All’interno delle professioni ICT, nello stesso arco di tempo, è cresciuta la rilevanza di quelle dirigenziali e tecniche ad elevata qualificazione (ingegneri elettronici e delle telecomunicazioni, analisti e amministratori di sistema, specialisti di Rete e della sicurezza informatica), con un “peso” sul totale dell’occupazione in professioni ICT salito dal 23% al 30,9%.