Lo studio

Lavoro: lo "skills mismatch" frena gli under 30

In Italia un lavoratore su cinque possiede delle competenze al di sotto o al di sopra di quelle richieste dall'impiego che occupa

26 Feb 2016 - 04:00

    © agenzia

© agenzia

Uno degli ultimi rapporti redatti dalla Commissione europea sostiene che l'Italia presenta uno dei tassi di "skills mismatch" – ovvero la mancata corrispondenza tra le abilità di un lavoratore e quelle richieste dal mercato del lavoro – più alti tra tutti i Paesi dell'Unione europea, al pari di Belgio ed Irlanda.

Ma quanto rilevato dalla Commissione europea non è propriamente una novità: in Italia i datori di lavoro hanno lamentato spesso l'assenza di candidati ideali a cui affidare un impiego. Una ricerca McKinsey (Studio ergo Lavoro. Come facilitare la transizione scuola-lavoro per ridurre in modo strutturale la disoccupazione giovanile in Italia) rileva che solo il 42% delle imprese italiane ritiene che i giovani, che entrano per la prima volta nel mondo del lavoro, siano in possesso di una preparazione adeguata.

Trovare il candidato ideale diventa così estremamente complicato: sempre secondo McKinsey, nel 2012 le imprese hanno avuto difficoltà a reperire candidati (sia in termini di quantità che in termini di profili e competenze adeguate) per il 16% delle posizioni ricercate, corrispondenti a circa 65 mila posti di lavoro.

Dunque le statistiche dimostrano uno scollamento sostanziale tra le conoscenze in possesso ai giovani italiani e le esigenze del mondo imprenditoriale, che denuncia tanto un deficit di competenze generali quanto la mancanza di esperienza pratica.

Inoltre, secondo una rilevazione dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, l'Italia è tra i pochi Paesi a presentare una quota elevata sia di lavoratori under 30 sotto-qualificati (under-skilled) che sovra-qualificati (over-skilled): nel primo caso, il nostro Paese occupa la seconda posizione nell'area OCSE, mentre nel secondo caso occupa la settima.

Ma l'utilizzo di lavoratori sovra-qualificati in impieghi, che in realtà richiedono competenze inferiori, si ripercuote inevitabilmente sulla produttività del lavoratore stesso e del salario percepito: secondo uno studio – L'overeducation in Italia: le determinanti e gli effetti salariali nei dati AlmaLaurea – un overskilled-overeducated guadagna fra il 15 e il 25% in meno rispetto alla media dei laureati, proprio perché svolge un impiego che non richiede l'utilizzo delle competenze acquisite nel percorso di studi.

Commenti (0)

Disclaimer
Inizia la discussione
0/300 caratteri