Se quello dei servizi è tra i settori di attività economica più in salute, altrettanto non si può dire per il segmento delle professioni
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In generale il settore dei servizi è quello che ha superato prima degli altri gli effetti negativi della crisi economica. Nel 2015, infatti, l'indice generale del fatturato dei servizi ha registrato una variazione positiva dell'1,9% (dati Istat). Tuttavia il segmento delle attività professionali, scientifiche e tecniche ha invece segnato una variazione negativa (-0,9%).
Spiega inoltre l'Istat che nel quarto trimestre del 2015 la sezione delle attività professionali, scientifiche e tecniche ha registrato, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, una variazione negativa dell'1%. Le variazioni tendenziali positive sono state osservate per i settori della pubblicità e ricerche di mercato (+5,3%) e delle attività di consulenza gestionale (+3,6%).
Le cose non sono andate allo stesso modo per le attività professionali, con variazioni tendenziali negative per gli studi di architettura e d'ingegneria, collaudi e analisi tecniche (-4,4%), le attività legali e contabilità e le altre attività professionali, scientifiche e tecniche (entrambe -2,8%).
Negli anni della crisi i professionisti hanno dovuto fare i conti con una diminuzione dei loro redditi. Ad esempio, stando a recenti dati Adepp (l'Associazione delle casse di previdenza private), il reddito medio degli iscritti ha subito una perdita in termini reali del 18,35% tra il 2007 e il 2014. Una condizione, quest'ultima, che ha riguardato diversi professionisti (avvocati, infermieri, ma anche notai, consulenti del lavoro, architetti).
Oltre alle difficoltà legate alla crisi, tanti professionisti e partite Iva hanno sofferto anche la mancanza di tutele adeguate. In questo senso volge il disegno di legge recante misure per la tutela del lavoro autonomo varato dal governo. Un passo importante, molto più che il mondo delle professioni continua ad attrarre i più giovani, con un incremento in diversi casi del numero di laureati.
Si prenda ingegneria che, secondo un'elaborazione del Centro studi del Consiglio nazionale degli Ingegneri (Cni), ha visto crescere dello 0,7% nel 2014 rispetto al 2013 il numero di studenti che hanno conseguito un titolo utile per accedere all'albo professionale.
In particolare emerge che la quota delle laureate è arrivata a sfiorare il 30%, ma in un recente studio il Centro studi del Consiglio nazionale degli Ingegneri fa notare come il gender gap riguardi anche il mondo delle professioni. Ma resta un problema non esclusivamente italiano, bensì europeo, pur registrando il nostro paese tra i valori più bassi. Sia l'indice relativo al gender employment gap – la differenza tra il tasso di occupazione maschile e quello femminile – sia l'indice del gender pay gap – la differenza di retribuzione oraria tra uomini e donne in rapporto alla retribuzione oraria media degli uomini – ci distanzia, infatti, dalla media europea.