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Mercato azionario, ecco quali sono i ''veri'' vincitori di Wall Street

Duncan Lamont (Schroders) rivela che i top performer dell’azionario Usa tendono a non mantenere il primato negli anni successivi, come mostrano le serie storiche dei dati

20 Ott 2024 - 10:14

In ben 12 degli ultimi 18 anni, non c'è stato un singolo titolo dei top 10 USA capace di restare in classifica anche l'anno dopo, e in 5 degli altri 6 anni, solo uno ci è riuscito, mentre nell'altro solo tre titoli ce l’hanno fatta a malapena. Anche la permanenza nella top 100 è rara: in media 15 società l'anno sono riuscite a rientrare nella top 100 per due anni consecutivi, e le probabilità di replicare due o tre anni dopo sono altrettanto basse. Non solo scendono dall’Olimpo, i migliori spesso smettono di registrare buoni risultati. In 14 dei 18 anni i primi 10 top performer sono finiti nella metà inferiore delle classifiche l'anno dopo, con più probabilità tra i titoli peggiori che tra i migliori, sperimentando tipicamente cali molto bruschi.

UNA TENDENZA CHE SI RILEVA ANCHE IN GIAPPONE E UK
Lo evidenzia in un commento che analizza come i top performer dell’azionario Usa tendano a non mantenere il primato, mostrando i rischi di investire seguendo il clamore, Duncan Lamont, Head of Strategic Research di Schroders, che raccomanda: “Don’t believe the hype”. Tendenze analoghe si registrano anche in altri mercati, come Giappone e Regno Unito, dove in 11 anni su 18 un titolo che rientrava mediamente tra i top 10 è sceso nella metà inferiore l'anno successivo. In Germania, è avvenuto in 14 degli ultimi 18 anni. Lamont osserva che gli “hype” sono eccitanti per definizione, ma aggiunge che quando si investe bisogna essere cauti nell'inseguire le performance, perché forti guadagni tendono a gonfiare le valutazioni rispetto ai fondamentali, come gli utili.

PIÙ CARI DEL MERCATO MA BASTA POCO PER SBANDARE
I prezzi delle azioni, infatti, iniziano a nutrire aspettative sempre più ottimistiche, come Tesla, che ha toccato una valutazione di oltre 200 volte rispetto al consenso sugli utili, mentre anche le altre Magnifiche 7, Apple, Microsoft, Nvidia, Alphabet, Amazon, e Meta, insieme sono due volte più care del resto del mercato in termini di multipli. Lamont nota che ci sono titoli in grado di soddisfare attese elevate, ma individuarle è la parte più difficile, e molte non lo sono. Talvolta inoltre basta un leggero disallineamento degli utili rispetto alle attese, o un piccolo cambiamento nel contesto esterno come ad agosto per provocare una reazione esagerata dei prezzi delle azioni “bollenti”.

I VERI VINCITORI SONO I TITOLI CAPACI DI CRESCERE NEL LUNGO PERIODO
Lamont sottolinea che spesso i veri “vincitori” non sono i migliori titoli di un anno, ma quelli capaci di crescere in modo sostenibile nel lungo periodo, precisando che non è un riferimento alla sostenibilità in senso ESG, anche se può essere correlata. L’esperto di Schroders raccomanda di non cedere alla tentazione di inseguire i best performer a breve, considerando invece che diversi anni di buoni risultati possono facilmente sommarsi nel tempo, offrendo rendimenti migliori e più costanti. Lamont fa l’esempio di 100 dollari investiti in un'azione in rialzo del 10% l'anno per tre anni, che diventano 133, mentre il rendimento medio di un titolo che sale del 20% per poi scendere del 10% e risalire del 20% arriverebbe solo a 130 dopo tre anni.

NON ANDARE INGENUAMENTE A CACCIA DI GLORIA
La strategia d’investimento basata sul cogliere il “momentum” è stata molto popolare negli ultimi anni, ma l’esperto di Schroders in conclusione avverte che andare ingenuamente a caccia di gloria potrebbe comportare costi elevati e rendimenti mediocri, citando le megastar dell'hip-hop, i Public Enemy: “Don’t believe the hype”.

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