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Mutui, investimenti e prestiti: lo spread Btp/Bund a 300 ci cambia la vita

Rischiano di crescere i costi dei nuovi mutui casa e dei prestiti alle aziende. Il boom del differenziale non peserà solo sul debito pubblico e sui titoli di Stato

29 Mag 2018 - 16:39
 © ansa

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Non è solo il rendimento dei titoli di Stato, con la spesa pubblica che lievita per gli interessi sul debito, la conseguenza dell'aumento dello spread tra Btp e Bund, salito oltre quota 300 punti base. La brusca impennata del differenziale è destinata ad avere molti altri effetti su finanza ed economia italiana.

Con la parola spread intendiamo il divario tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, arrivata oltre 300: il risultato è che è ora il Btp a 10 anni rende il 3,11% contro lo 0,28% del Bund.

Titoli di Stato, rendimenti in crescita - La conseguenza immediata si vede nella vendita di titoli di Stato da parte del Tesoro. All'asta di Bot a sei mesi effettuata martedì 29 maggio il tasso di interesse è salito all'1,213% contro il -0,41% dell'asta precedente. Solo per questa emissione, che serve allo Stato per prendere soldi in prestito per finanziare il debito pubblico, il maggior costo supera quota 80 milioni di euro rispetto a un mese fa. Se consideriamo che i Bot in circolazione ammontano a circa 110 miliardi di euro, su base annuale la spesa per interessi va calcolata con un'aggiunta di 1,3 miliardi di euro.

Risparmiatori e investimenti - I piccoli risparmiatori si ritrovano paradossalmente a percepire un effetto positivo da questo fenomeno. Possono investire a tassi più alti i loro soldi senza valutare l'aumento del rischio. Questo in quanto l'aumento del rendimento (quindi del rischio) fa scendere il prezzo di un titolo.

L'impennata dei tassi di interese sui titoli di Stato rende sconveniente la vendita di Bot e Btp prima della scadenza. Ad esempio, se un risparmiatore la scorsa settimana avesse investito 100mila euro nel Btp scadenza 2027, vendendolo oggi incasserebbe poco meno di 93mila euro.

I mutui costeranno di più - L'impennata dello spread potrebbe avere riflessi rilevanti sui mutui e sui prestiti e in generale sul flusso del credito verso famiglie e imprese. Per chi detiene un mutuo a tasso fisso i movimenti dello spread non hanno alcun effetto: la rata rimane la stessa fino alla scadenza dal momento che i mutui a tasso fisso vengono calcolati sul tasso interbancario Irs (interest rate swap) solo al momento della stipula per l'erogazione del mutuo. Per i tassi variabili, nell'immediato non ci saranno riflessi. Questa tipologia di mutui è calcolata sulla base del tasso interbancario Euribor (fermo da un paio di anni) e da una maggiorazione decisa dalla banca. In questo tipo di mutuo varia solo la componente Euribor mentre lo spread stabilito dalla banca resta fisso. Oggi sul mercato le banche chiedono in media una maggiorazione di 1,60% sull'Euribor con punte fino al 3% e livelli minimi dello 0,70%. Finora la crisi italiana non si è riflessa sull'Euribor, ma se dovesse scattare un effetto contagio verso altri Paesi euro quel tasso di riferimento uscirà dal torpore (nel 2011 aveva superato il 5%, oggi quello a sei mesi è intorno allo zero).

Il discorso cambia per i nuovi mutui: il commerciante (la banca) compra il prodotto (il denaro) ad un prezzo (tasso di scambio interbancario) e lo rivende alla sua clientela ricaricato di un margine di guadagno (spread). Se la banca vede salire il costo di acquisto del denaro farà salire il margine chiesto al cliente. Inoltre, le banche italiane detengono circa 300 miliardi di euro in titoli di Stato. Un deprezzamento del valore peserebbe sui bilanci e sul profilo patrimoniale spingendo le banche a politiche più restrittive nell'erogare prestiti e mutui e quindi chiedendo interessi più elevati.

Debito pubblico, su gli interessi e le coperture assicurative - I movimenti dello spread si riflettono subito sui titoli di Stato, come è stato già verficato con i Bot all'asta odierna. Più interessi significa maggior onere del debito pubblico, che l'anno scorso è stato pari a 63 miliardi. L'anno prossimo il Tesoro dovrà collocare titoli per circa 420 miliardi di euro. Un aumento medio dell'1% dei tassi significa una maggiore spesa per interessi di 4,2 miliardi. Con lo spread ai livelli attuali la maggiore spesa annuale supererebbe i 6 miliardi l'anno. Il rialzo dello spread ha anche un effetto trascinamento che incide sulle coperture assicurative degli investitori. Diventati famosi nella crisi del 2008, i Cds (credit default swap) sono strumenti che consentono a un investitore di assicurare l'investimento contro il rischio di fallimento. Una settimana fa per garantirsi contro il default dell'Italia occorreva pagare 76 euro per assicurare 10mila euro investiti in Btp. Oggi ne servono 175, mentre per un i titoli di Germania, Francia e Gran Bretagna la cifra varia tra 11 e 20 euro. Ai Cds non fanno ricorso i piccoli risparmiatori ma i grandi investitori istituzionali come i fondi pensione, che devono garantire l'erogazione delle pensioni.

Prestiti più cari per le imprese - L'allargamento dello spread si riflette anche sull'economia reale se il divario è destinato a essere consistente e per un lungo periodo. Le aziende che ricorrono ai mercati per raccogliere finanziamenti emettono obbligazioni (come un titolo di Stato per caratteristiche) per le quali dovrebbero riconoscere premi più elevati ai sottoscrittori con conseguente aumento dei costi. Ma lo spread elevato renderà più costosi anche i prestiti bancari per le imprese italiane.

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