I dati Eurostat

Nel 2016 in calo nell'UE le persone a rischio povertà o esclusione sociale

Seppure in diminuzione rispetto al passato, il dato è comunque molto alto

16 Ott 2017 - 17:13
 © ansa

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Nel 2016, nell'Unione europea, 117,5 milioni di persone – in pratica: il 23,4% della popolazione complessiva – erano a rischio povertà o esclusione sociale.

Ovvero? Per essere considerata tale, una persona deve trovarsi in almeno una di queste tre condizioni: avere un reddito inferiore all'equivalente del 60% del reddito medio nazionale, far parte di un nucleo familiare con intensità lavorativa molto bassa o vivere in una grave deprivazione materiale.

Seppure alto, il dato è comunque in diminuzione rispetto al passato recente: dopo gli incrementi registrati negli scorsi anni – dal 2009 al 2012 la quota delle persone a rischio povertà o esclusione sociale è cresciuta costantemente, fino a toccare il 25% nell'UE –, l'Eurostat ha registrato un calo costante: attualmente la percentuale si è ridotta al 23,4%, soltanto lo 0,1% sopra il livello registrato nel 2009.

L'Eurostat ricorda che la riduzione del numero di persone a rischio povertà o esclusione sociale è tra gli obiettivi chiave della strategia Europa 2020.

Dunque nell'Unione europea il 23,4% della popolazione a rischio povertà o esclusione sociale. Si tratta di una media, ovviamente: i tassi più alti sono stati registrati in Bulgaria (40,4%), Romania (38,8%) e Grecia (35,6%). I più bassi? In Repubblica ceca (13,3%), Finlandia (16,6%) e Danimarca (16,7%).

L'Italia sta nel mezzo, purtroppo: secondo i dati (ancora provvisori) riportati dall'Eurostat, nel 2016 il 28,7% della popolazione italiana era a rischio povertà o esclusione sociale, pari a 17,4 milioni.

Nel dettaglio, la grave deprivazione materiale interessa l’11,5% degli italiani – nel 2008, prima della crisi economica, era il 7,5% –, il 19,9% ha un reddito inferiore all’equivalente del 60% del reddito medio nazionale (18,9% nel 2008) e l'11,7% appartiene ad un nucleo con intensità lavorativa molto bassa (10,4% nel 2008). Si tratta di percentuali piuttosto elevate. Specialmente nel confronto con la media dell'Unione europea, dove per i singoli indici si registrano (rispettivamente) quote pari al 7,5%, al 17,2% e al 10,4%.

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