In Italia comincia ad essere pratica diffusa, soprattutto tra i più giovani. I dati del Rapporto Eurispes
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Forse è ancora presto per parlare di "successo", ma di sicuro la sharing economy comincia ad essere pratica diffusa anche in Italia, almeno in alcune delle sue declinazioni, un'ottima soluzione per risparmiare o produrre reddito.
La sharing economy si sviluppa principalmente online. Ciò che serve è un device connesso alla rete che permetta di accedere all'app dedicata o alla piattaforma online di nostro interesse, che sia trovare una casa vacanze a basso costo o condividere un viaggio.
La sharing economy, insomma, potremmo definirla l'economia della condivisione: mira non all'acquisto di un bene o servizio, ma promuove di nuove forme di consumo orientate all'utilizzo. Si stima che il contributo della sharing economy sia ancora marginale, non oltre l'1% del Pil, tuttavia, dato il modello economico su cui si basa, può presentare un impatto notevole sulla vita delle persone.
Negli Stati Uniti, ad esempio, tale forma cominciò ad avere un seguito quando le persone, evidentemente in difficoltà a causa della crisi economica, riuscirono a mettere a reddito gli asset di cui disponevano (ad esempio la casa per la condivisione di spazi o posti letto), proponendo soluzioni a condizioni vantaggiose.
Il vantaggio è duplice: da un lato chi ha necessità di un servizio a costi modesti, perché minori sono le disponibilità economiche, può risparmiare; dall'altro lato chi concede spazi o strumenti (anche di lavoro) ottiene nuove entrate.
In verità in Italia, come emerge dal Rapporto Italia 2016 dell'Eurispes, la maggior parte delle persone non ha ancora usufruito delle opportunità che la sharing economy offre, compreso il car sharing (utilizzo di automobili su prenotazione), che pure è il servizio che va per la maggiore nel nostro paese, molto pubblicizzato nelle grandi città ricorda l'Eurispes (l'11,1% degli intervistati afferma di averlo utilizzato).
Appena il 4,6% dichiara di avere sperimentato l'home sharing (scambio ospitalità) per soggiorni all'estero, mentre il coworking (la condivisione di un ufficio o ambiente di lavoro con altre persone mantenendo attività separate) ha interessato solo il 4%. Eppure sono 187 – dato aggiornato a ottobre 2015 – le piattaforme italiane dedicate alla sharing economy, il 35,5% in più rispetto al 2014. Ad oggi, però, tale modello economico è appannaggio dei millennials, i giovani nati tra il 1977 e il 1994.
Alcune forme di economia condivisa potrebbero decollare in Italia. In particolare l'home sharing, osserva l'Eurispes. Lo sviluppo potenziale deriva da un dato certo: il nostro paese presenta il capitale immobiliare più alto al mondo, con il 73,2% degli italiani che vive in una casa di proprietà (dati Eurostat 2014).