L'esecutivo starebbe pensando a degli incentivi per convincere gli statali a rimanere al lavoro una volta raggiunti i 65 anni di età con 42 anni di contributi o i 67 anni per gli altri. L'obiettivo sarebbe quello di frenare la fuga dalla pubblica amministrazione dei lavoratori più esperti così da non lasciare sguarniti ruoli di peso
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In tema di pensioni, il governo starebbe valutando l'ipotesi di eliminare per i dipendenti pubblici l'obbligo dell'uscita forzata raggiunti i 65 anni di età con 42 anni di contributi o i 67 anni per gli altri. È quanto riporta Il Messaggero. L'obiettivo dell'esecutivo sarebbe quello di frenare la fuga dal pubblico impiego dei dipendenti più esperti così da non lasciare sguarniti ruoli di peso. Il Corriere della Sera aggiunge che allo studio ci sarebbero anche degli incentivi per convincere gli statali a rimanere al lavoro anche una volta raggiunti i requisiti per la risoluzione automatica del rapporto.
Stando a quanto scrive Il Messaggero, la misura potrebbe entrare nella prossima Manovra ma non è escluso che venga anticipata, dopo essere stata condivisa con i sindacati. "Il governo vuole abolire le due norme - del 2013 e del 2014 - che impongono la cessazione automatica del rapporto nella Pa per i suoi dipendenti, quando scattano i requisiti pensionistici. Non è un innalzamento dell’età di ritiro, ma una possibilità - su base volontaria - per il lavoratore di restare di più all’interno della pubblica amministrazione, seguendo quanto già introdotto per i medici e non dovendo chiedere l’autorizzazione per rimanere al proprio posto fino ai 71 anni", si legge sul quotidiano. L'abolizione dell'obbligo di pensione previsto dalle leggi del 2013-2014, potrebbe riguardare anche le forze dell'ordine, dove c'è carenza di personale. L'idea sarebbe quella di alzare, sempre su base volontaria, da 60 a 62 anni l’età di ritiro nelle forze dell’ordine.