Povertà: in dieci anni è più che raddoppiata in Italia
Tra le priorità individuate per il 2017 anche la possibilità di introdurre un reddito di inclusione, come ribadito dal ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina. I poveri assoluti in Italia – è la recente stima Centro Studi di Confindustria – sono 4,6 milioni (molti dei quali giovani e al Sud), per un aumento del 157% rispetto al 2007 (quando, secondo l'Istat, i poveri assoluti erano circa 1,8 milioni).
Per definizione la soglia di povertà assoluta rappresenta il valore monetario, a prezzi correnti, del paniere di beni e servizi considerati essenziali per ciascuna famiglia (definita in base all’età dei componenti, alla ripartizione geografica e alla tipologia del comune di residenza). Per l'Istat una famiglia è assolutamente povera se sostiene una spesa mensile per consumi pari o inferiore a tale valore monetario.
A fronte di un aumento, in un decennio, delle persone che vivono in condizioni di povertà estrema si osserva tuttavia un miglioramento del quadro generale, pur tra le difficoltà che ancora permangono. L'anno che si è appena concluso ha visto crescere la quota di persone che si ritengono soddisfatte per la situazione economica, tracciando così i primi segnali di discontinuità rispetto al recente passato.
Il trend ha riguardato anche gli standard di consumo: il recupero dei livelli pre-crisi è ancora un obiettivo fuori portata, ma almeno le restrizioni – quantitative o qualitative – cui le famiglie facevano ricorso per attenuare le uscite si sono ridotte. Già nel 2015, ad esempio, era cresciuta lievemente la spesa alimentare sul 2014, con l'interruzione del calo relativo alla spesa per carni, altrimenti osservato dal 2011.
Resta però quel numero – 4,6 milioni di poveri – che impensierisce e non poco. Soprattutto perché dal 2014 al 2015 si è assistito ad un incremento dell'incidenza sull'intera popolazione. Il rischio di povertà, secondo l'Istat, coinvolge il 19,9% della popolazione, collocandosi al di sopra della media europea per 2,6 punti percentuali (valori pressoché simili si registrano in Portogallo e in Grecia).
Da noi va ricordato che il disagio economico è legato, più che in altri paesi europei, alla difficoltà per le famiglie e gli individui a entrare e restare nel mercato del lavoro. L'Istituto nazionale di statistica stima che, sommando ai disoccupati le forze di lavoro potenziali, ammontano a 6,5 milioni le persone che vorrebbero lavorare.