Secondo l'Organizzazione per lo sviluppo economico, in Italia lo stock di prestiti concessi alle pmi nel 2013 è stato inferiore ai livelli del 2007
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Il credito bancario rappresenta ancora la principale fonte di finanziamento per le piccole e medie imprese. Eppure ottenerlo, specialmente negli ultimi anni, non è stato semplice: la stretta creditizia (o credit crunch) ha ridotto la quantità di prestiti erogati dalle banche.
Secondo Confesercenti, tra dicembre 2014 e febbraio 2015, si è registrata una contrazione media dello stock dei crediti concessi alle imprese non finanziarie del 2,5% su base annua: siamo passati dai 924.453 milioni di euro dell'anno precedente ai 901.051 attuali. L'aumento (+7,6%) rilevato dall'ultimo outlook mensile dell'Associazione bancaria italiana (Abi) considera soltanto le erogazioni, osserva Confesercenti. La rilevazione non tiene conto né dei finanziamenti che non sono stati rinnovati né della restrizione a valere sui crediti in essere e, infine, sovrastima il valore dei flussi maggiori degli impieghi tra 1 e 5 anni. Quest'ultimi, pur essendo cresciuti del 6,9% nel corso dell'ultimo anno, pesano solo il 16,2% del totale.
Stando ai dati raccolti dall'Organizzazione per lo sviluppo economico, il nostro è uno dei sei Paesi dell'area Ocse in cui lo stock di prestiti concessi alle pmi nel 2013 è stato inferiore ai livelli del 2007. In Italia, inoltre, la stretta creditizia è risultata meno marcata per le grandi imprese. Quest'ultime hanno reagito al credit crunch ricorrendo a forme di finanziamento alternative come le obbligazioni, ad esempio. Mentre le piccole e medie imprese sono rimaste dipendenti dal credito bancario, con tutte le difficoltà del caso. Difficoltà evidenziate anche dalla Consob.
Nel suo ultimo Risk Outlook, pur riconoscendo un allentamento della stretta creditizia dovuto al Quantitative easing della Banca centrale europea, l'Authority di vigilanza ha sottolineato il calo dei prestiti alle imprese che, sebbene a tassi inferiori rispetto al passato, prosegue specialmente in Italia e Spagna. Dove le aziende, una volta ottenuto il prestito, devono affrontare costi maggiori rispetto alle concorrenti dei principali Paesi europei.
Nel rapporto si evidenzia, infatti, un divario crescente dei costi e delle condizioni di accesso al credito per le imprese non finanziarie nei diversi Paesi della zona euro. Seppure in calo nel corso dell'ultimo anno, ad esempio, il differenziale dei tassi d'interesse sui prestiti bancari fra paesi core (Germania e Francia) e periferici (Italia e Spagna) risulta elevato. Divario che appare più significativo nel caso delle pmi. Con conseguenze inevitabilmente negative per tutti quei Paesi in cui una quota consistente del tessuto produttivo è rappresentato proprio dalle piccole e medie imprese. Come l'Italia, per l'appunto.