Sia l’Istat che la Confcommercio hanno rilevato un calo delle vendite al dettaglio rispetto al mese precedente
Alla luce ultime rilevazioni dell’Istat si può dire che marzo sia stato un mese da dimenticare in un’ottica di ripresa economica come quella auspicata per l’Italia. Già i dati relativi al fatturato dell’industria, diffusi mercoledì dall’Istituto, lasciavano infatti a desiderare, oggi una nuova doccia gelata arriva dal commercio.
A marzo 2016, infatti, le vendite al dettaglio sono diminuite dello 0,6% in valore e dello 0,8% in volume rispetto al mese precedente. A pesare maggiormente è stata la flessione dei generi alimentari, -1,2%, contro un calo più limitato dei prodotti non alimentari, -0,3%. Nell’arco del trimestre gennaio-marzo si può notare un leggero progresso dei volumi (0,1%) e una variazione nulla rispetto al trimestre ottobre-dicembre per quanto riguarda invece il valore delle vendite.
Tuttavia, a livello tendenziale - quindi rispetto a marzo 2015 – l’Istituto nazionale di statistica ha registrato un progresso del valore delle vendite al dettaglio pari a 2,2 punti percentuali e un +1,9% del valore. Il contributo maggiore è stato dato dalle vendite alimentari, +3,7% in valore e +4,2% in volume contro il +1,3% registrato dal valore e il +0,5% registrato dai volumi delle vendite di prodotti non alimentari.
Tornando al dato congiunturale, si può notare come le rilevazioni dell’Istat abbiano confermato, in parte, quanto già osservato dalla congiuntura su Consumi e Prezzi della Confcommercio. Secondo l’ICC (Indicatore dei Consumi Confcommercio) i consumi italiani sono diminuiti dello 0,4% a marzo, segnando però un +1,5% tendenziale.
Si tratta di un andamento che da un lato, per dirla con le parole della Confcommercio, “evidenzia la tendenza al recupero dei livelli di consumo da parte delle famiglie”, ma che allo stesso tempo fa emergere le difficoltà che la domanda ha nell’instradarsi “su un sentiero di sicura crescita”.
Non a caso a marzo l’Istat ha rilevato dei peggioramenti anche del sentiment dei consumatori. Se l’indice generale è cresciuto infatti di 0,5 punti, i giudizi sulla situazione economica della famiglia sono peggiorati, come sono peggiorati anche i giudizi sul bilancio familiare.