Il Meccanismo resta alla sua versione originaria di aiuto ai Paesi in crisi finanziaria. Le banche in affanno non potranno più beneficiare del sostegno al loro Fondo di risoluzione unico
La mancata ratifica del Mes da parte del Parlamento italiano blocca il paracadute che avrebbe dovuto sostenere le banche europee in caso di crac finanziari. La riforma fermata dal voto contrario della nostra Camera dei deputati prevedeva infatti che il Mes, Meccanismo europeo di stabilità noto anche come Fondo salva-Stati nato nel 2012, potesse sostenere il Fondo di risoluzione unico, a cui versano contributi gli istituti di credito, nel caso in cui questo non fosse in grado di salvare con le sue sole risorse le banche in affanno.
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Al testo di revisione del trattato, sottoscritto da tutti gli altri Paesi dell'area euro, mancava soltanto la nostra firma, che non è arrivata. L'intera riforma viene quindi bloccata, dal momento che per avviarla serviva l'unanimità. E a questo punto restano congelati quei 709 miliardi che compongono il capitale sottoscritto del Mes, con quasi 81 miliardi versati dai membri (una sorta di fondo di sicurezza): l'Italia garantisce il 17,64% di questo fondo e ha versato finora 14,2 miliardi di euro. Complessivamente il Mes ha una capacità di prestito pari a 500 miliardi di euro.
Il testo firmato nel 2021, e non ratificato dal nostro Paese, prevederebbe appunto il soccorso attraverso prestito di denaro per un Paese che si fosse trovato in difficoltà a finanziarsi sul mercato. La riforma, avviata nel 2018, era stata approvata a gennaio 2021 anche dall'Italia, che però non ha ratificato, bloccando quindi tutto. Il Mes rimane quindi alla versione precedente la riforma: raccoglie fondi dagli Stati sul mercato attraverso strumenti di debito per poter prestare assistenza finanziaria.
La riforma, avrebbe di fatto permesso, nel caso in cui il Fondo di risoluzione unico finanziato dalle stesse banche si esaurisse, che il Mes potesse prestare denaro per finanziare una crisi bancaria. Un sostegno comune che sarebbe entrato in gioco solo come ultima risorsa. Il no dell'Italia non consentirà alla misura di entrare in vigore dal primo gennaio 2024, mantenendo in vita la versione precedente del trattato. Il Mes non interviene, né nella versione originaria né in quella prevista dalla riforma, nella eventuale ristrutturazione del debito di un Paese: non esiste nessun automatismo in tal senso.
La riforma prevedeva due linee di azione. La prima, per i Paesi finanziariamente in ordine e con shock temporanei, disponeva un aiuto dietro presentazione di una lettera di intenti da parte dello Stato in difficoltà a rispettare i requisiti fissati dal trattato. La seconda, per i Paesi in condizioni più critiche, chiedeva la firma di Memorandum of Understanding con precisi impegni in base all'entità del finanziamento. Condizione ritenuta dall'Italia troppo dura.
Il Mes, intervenuto finora storicamente per assistere Cipro, Grecia, Spagna, Portogallo e Irlanda, finanzia i suoi prestiti rivolgendosi al mercato: emette obbligazioni con scadenze fino a 43 anni, cambiali e altri strumenti finanziari che vengono forniti ai Paesi in difficoltà. Ad acquistare i titoli emessi sono le banche commerciali, le banche centrali, i gestori patrimoniale, le compagnie assicurative.
A guidare il Mes è il consiglio dei governatori, composto dai 19 ministri delle Finanze dell'area euro. Germania, Francia e Italia hanno diritti di voto superiori al 15% e possono quindi porre il loro veto anche sulle decisioni prese in condizioni di urgenza.