Nuovamente sotto quota 200 miliardi

Sofferenze in calo a febbraio

Un'eventuale incremento delle sofferenze rischia di influenzare negativamente l'ammontare complessivo dei prestiti concessi dalle banche a famiglie e imprese

13 Apr 2016 - 17:45

Nell'ultimo Global Financial Stability, il Fondo monetario internazionale (FMI) sottolinea che le banche italiane devono fare i conti con “una sfida particolare”. Quella rappresentata dai “non performing loans”, i crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per l'ammontare dell'esposizione, tra i quali spiccano gli incagli e le sofferenze.

Secondo i dati contenuti nel Bollettino statistico della Banca d'Italia, a febbraio le sofferenze bancarie lorde sono diminuite rispetto al mese precedente, attestandosi a 196 miliardi rispetto ai 202 di gennaio, ma sono aumentate rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente del 4,7%. Si tratta di un incremento che va tenuto in grande considerazione.

Del resto, un'eventuale aumento delle sofferenze – ABI e CERVED osservano che senza interventi per favorirne la cessione o lo smaltimento, le sofferenze sono destinate a crescere nei prossimi anni – rischia di ripercuotersi negativamente sull'ammontare complessivo dei prestiti concessi dagli istituti di credito. Infatti le sofferenze impediscono alle banche di stimare le perdite effettive, che andranno iscritte nel bilancio, rendendole più attente nella concessione di nuovi finanziamenti ad imprese e famiglie che ne fanno richiesta.

Non a caso, la creazione di una bad bank – ovvero una società costituita con lo scopo di acquistare a prezzi ridotti i crediti in sofferenza degli istituti, permettendo a quest'ultimi di scaricarli dai propri bilanci – viene considerata come una soluzione efficace: stando ad una stima del Boston Consulting Group, la società che ha fornito consulenza a Bankitalia nelle trattative sulla bad bank nel 2015, la cessione di 100 miliardi di euro di sofferenze avrebbe un impatto positivo sul Prodotto interno lordo (PIL) italiano, generando una crescita aggiuntiva compresa tra l'1,5 e il 2% nell'arco di due-tre anni.

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