L'aumento delle sofferenze rischia di ripercuotersi negativamente sull'ammontare complessivo dei prestiti concessi dalle banche a famiglie e imprese
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Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan ha sottolineato che i crediti in sofferenza possono rappresentare un freno alla crescita economica, confermando (indirettamente) quanto puntualizzato da alcuni studi pubblicati nei mesi scorsi.
Nel suo ultimo rapporto annuale, il CERVED ha indicato nei "non performing loans" – ovvero i crediti per i quali la riscossione è incerta sia in termini di rispetto della scadenza che per l'ammontare dell'esposizione, tra i quali spiccano gli incagli e le sofferenze – uno dei principali fattori che potrebbero compromettere la ripresa delle piccole e medie imprese (PMI) del nostro Paese e dunque dell'economia italiana.
Del resto, complice la composizione del tessuto imprenditoriale italiano – il 95% delle imprese è di micro dimensioni (dati ISTAT) –, tanto più le imprese piccole dimensioni soffrono, quanto più la ripresa dell'economia italiana tarderà ad accelerare. Le imprese italiane rischiano di subire le conseguenze di un'eventuale crescita delle sofferenze bancarie, in quanto la loro principale fonte di finanziamento è rappresentata proprio dal credito che gli viene concesso dalle banche.
L'aumento delle sofferenze – considerando le ipotesi di moderata ripresa economica e gli attuali tempi della giustizia, il CERVED stima che le sofferenze lorde cresceranno fino al 2020 – rischia di ripercuotersi negativamente sull'ammontare complessivo dei prestiti concessi dagli istituti di credito. Infatti le sofferenze impediscono alle banche di stimare le perdite effettive, che andranno iscritte nel bilancio, rendendole più caute nel concedere nuovi finanziamenti ad imprese e famiglie.
Secondo il Fondo monetario internazionale, un'eventuale cancellazione delle sofferenze bancarie dai bilanci degli istituti di credito italiani genererebbe 130 miliardi di nuovi prestiti.