Crisi economica e petrolio

Il consumo di petrolio in Italia

30 Nov 2015 - 11:08

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Il 2014 è stato un anno molto particolare per il petrolio. Lo sfavorevole contesto economico dell'area della moneta unica , che si è riversato sui consumi petroliferi, ha fatto sì che la domanda di greggio dei Paesi al di fuori dell'area Opec (ovvero l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio), fosse per la prima volta inferiore a quella del cartello stesso (che comprende Algeria, Angola, Ecuador, Indonesia, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Nigeria, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Venezuela). Nel contempo altri Paesi, come gli Stati Uniti (da sempre primo consumatore mondiale di greggio), hanno incrementato la produzione, comportando un sostanzioso aumento generale in un periodo in cui ha cominciato a venire meno il consumo mondiale. Di conseguenza il prezzo, a partire dalla seconda metà dell'anno, ha cominciato a scendere vertiginosamente, fino a i livelli che conosciamo oggi (intorno ai 45 dollari, dollaro più dollaro meno a seconda delle oscillazioni giornaliere, di novembre 2015 contro il picco di 112 dollari al barile registrato nel giugno del 2014, mese dopo il quale è cominciato il crollo).

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Che la crisi economica dell'Eurozona abbia giocato un ruolo fondamentale nella caduta dei prezzi del greggio è osservabile dall'andamento dei consumi primari di prodotti petroliferi nei principali Paesi che la compongono. Analizzando i dati dell'Eurostat sull'andamento dei consumi petroliferi in Germania, Spagna, Francia e Italia si nota, infatti, una parabola discendente. In Italia, per esempio, tra il 2005 ed il 2013 i barili di greggio consumati sono passati da 85,2 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio, ovvero l'unità di misura che calcola la quantità di energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di greggio) a meno di 60 milioni di tep (58,3 per la precisione), con un ulteriore calo (secondo Unione petrolifera che ha elaborato i dati del Ministero dello sviluppo economico) a 55,7 milioni di tonnellate nel 2014. In Spagna da circa 70 milioni si è passati a più o meno 50 milioni di tep e in Francia da oltre 90 milioni a meno di 80 milioni. Persino in Germania, dove la crisi economica si è fatta sentire meno, i consumi di petrolio sono diminuiti tra il 2005 ed il 2013, passando da oltre 120 milioni di tep a circa 110 milioni.

Osservando più da vicino il contesto italiano si nota come, in generale, la domanda di energia sia tornata nel 2014 ai livelli degli anni '80. Quasi tutte le fonti, meno le rinnovabili (che hanno riportato un +3,9% sul 2013 con un conseguente aumento del peso sul totale dell'energia al 19%), hanno, infatti, registrato un calo della domanda. Il petrolio, che tutt'oggi si conferma la principale fonte di energia del Paese (con una quota del 35,4%), ha riportato un calo della domanda del 4,5% rispetto al 2013. Analizzando le singole voci che compongono i consumi di prodotti petroliferi si nota come l'unica ad aver riportato una crescita sia il gasolio autotrazione, che con un +1,5% alza di un timido 0,5% l'asticella dei carburanti. Il dato viene dunque bilanciato al ribasso dal -2,2% della benzina autotrazione (tra il 2009 ed il 2013 i consumi di carburanti sono scesi del 25% per la benzina e del 12% per il gasolio. Nello stesso periodo quelli di Gpl sono aumentati del 38%). Più allarmanti le atre voci: il consumo di gasolio per il riscaldamento è infatti sceso del 17,8% tra il 2013 ed il 2014, l'olio combustibile del 28,1%, il fabbisogno petrolchimico del 28,5% i bunkeraggi del 5,4% e i consumi di raffineria del 4,3% (la voce Altri prodotti riporta invece un -2,3%).

Posto che tra le cause dell'indebolimento della domanda di petrolio bisogna considerare anche l'ascesa delle fonti rinnovabili, si può osservare come il calo riportato dai consumi interni di prodotti petroliferi emerga anche dalla contrazione delle importazioni: -8,8% nel 2014 rispetto all'anno precedente (nel dettaglio le importazioni di greggio sono diminuite del 7,7% mentre quelle di semilavorati e di prodotti petroliferi del 12,2%). Il calo più consistente ha interessato le forniture provenienti dall'Africa, -15,6%, dall'Europa, -19,5%; e dall'Asia, -10,2%. In crescita invece quelle provenienti da Medio Oriente e America.

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