Massimo Candela, a.d. di Fila, nel 1992 ha preso in mano la società avviando l'internazionalizzazione. "Il mondo offre tantissime chance"
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"Il mercato italiano è in difficoltà. Ma il mondo offre straordinarie occasioni: bisogna viaggiare e andare incontro a chi ha esigenze diverse, a chi non parla la nostra lingua". Entrato nell'azienda di famiglia nel 1992, Massimo Candela ha puntato tutto sull'internazionalizzazione di Fila. E ha garantito alla società fondata a Firenze nel 1920 e rilevata da suo nonno nel secondo Dopoguerra, di ritagliarsi un posto in prima fila nel futuro.
I numeri parlano chiaro: "Il 2014 è un anno ottimo per noi - spiega Candela -. Cresceremo sia di risultato, sia di fatturato. Se includiamo nel nostro bilancio la nostra partecipata indiana, l'azienda quest'anno toccherà i 260-270 milioni di euro di ricavi, con un Ebitda che supererà i 40 milioni di euro".
L'India è solo l'ultimo dei mercati su cui Fila ha scommesso. "Oggi il 75% dei nostri guadagni arriva dall'estero. Tra Italia e resto del mondo abbiamo nove stabilimenti e 26 filiali. Il nostro primo mercato è quello statunitense, il terzo è quello messicano, il secondo è quello italiano".
Fila ha dunque conquistato l'America. Ma non è stato facile: "Il Nord America rappresenta la classica scommessa con cui le aziende europee tendono a farsi male. Nel 2005 ci abbiamo provato acquisendo un'azienda. Per due-tre anni abbiamo faticato, abbiamo cercato di capire come funzionava il mercato, ben diverso dal nostro. Oggi siamo leader".
A garantire un successo che pare intramontabile alla Fabbrica italiana lapis e affini (questo il significato del marchio noto in tutto il mondo) non sono state solo le lungimiranti scelte manageriali della famiglia Candela, ma anche la qualità dei prodotti. "Un centinaio di persone lavorano quotidianamente sul controllo della qualità e sullo sviluppo dei nostri prodotti. Si occupano tutto il giorno di testare, sperimentare e proporre nuove idee. Il nostro consumatore è attentissimo, sia esso la mamma, la maestra o lo stesso bambino a cui noi di fatto ci rivolgiamo. Ed è un cliente fedele, che tende a riacquistare il prodotto se si è trovato bene. I pennarelli non devono seccarsi, le matite non devono spezzarsi... Solo così il consumatore riesce a percepire un reale vantaggio nell'acquistare un prodotto anziché un altro".
Massimo Candela rappresenta quella terza generazione che spesso viene additata come causa del fallimento delle aziende familiari. "E' il mio incubo fin dal giorno che ho iniziato a lavorare. Ogni volta che prendevo qualche rischio mi dicevo 'ecco, ora darai ragione alle voci'. Ma fortunatamente ogni stereotipo ha le sue eccezioni. E poi ho un buon esempio in casa: mio papà ha sempre lavorato a tempo pieno, io non ho fatto altro che seguire il suo esempio", conclude Candela.