LA PREVISIONE

Svb, Standard & Poor's: pochi rischi di contagio per le banche europee

Dopo il crac della banca delle start up americana, le autorità gettano acqua sul fuoco: "L'effetto domino è improbabile"

14 Mar 2023 - 19:34
 © Ansa

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Dal fallimento di Svb, la Silicon Valley Bank, arrivano "limitati rischi di contagio" per le banche europee secondo l'analisi di Standard & Poor's. L'agenzia di rating ritiene che sia "improbabile" che gli istituti di credito del Vecchio Continente abbiano "significative esposizioni dirette" verso Svb mentre non vede "alcuna banca europea" tra quelle valutate che abbia "lo stesso profilo di raccolta e di business" dell'istituto californiano. 

Panico rientrato per le Borse

 La paura innescata dal fallimento di Silicon Valley Bank e Signature Bank sembra, almeno per il momento, passata. Le Borse sulle due sponde dell'Atlantico avanzano decise con guadagni di oltre il 2% grazie alle banche che ritrovano slancio e un'inflazione americana in linea con le attese. Anche se il panico sembra rientrato, l'attenzione resta comunque alta sullo stato di salute del sistema bancario americano, sorvegliato speciale delle autorità e non solo.

Le indagini sul crac di Svb

 Mentre la Fed, la Sec e il Dipartimento di Giustizia indagano sul fallimento di Svb, Moody's taglia l'outlook per il sistema bancario statunitense da stabile a negativo, e mette sotto osservazione per un possibile downgrade First Republic e altri cinque istituti. Le inchieste avviate dalle autorità americane seguono la valanga di critiche mosse contro il salvataggio dei depositi di Svb e Signature Bank. E si vanno a sommare alla caccia ai "responsabili" che sta animando la politica americana.

Le accuse di Trump

 Donald Trump punta il dito sulle politiche per la diversità e l'ambiente adottate da Svb e cavallo di battaglia dei democratici. I liberal accusano invece l'ex presidente e la sua deregulation per i fallimenti. Mentre la caccia al colpevole prosegue e le prime azioni legali contro le due banche fallite sono state avviate, i riflettori sono puntati sulla crisi della Silicon Valley, fino a qualche anno fa un "underdog" divenuta ora però "too big to fail", l'etichetta usata per le sue banche "nemiche" di Wall Street.

Silicon Valley in crisi

 Il fallimento di Svb è infatti considerato l'ennesimo segnale di difficoltà della Silicon Valley, già piegata dai migliaia di licenziamenti annunciati dalle sue big, l'ultima in ordine temporale Meta con altri 10.000 tagli. Una Silicon Valley ricca che, osservano alcuni analisti, non è comunque riuscita a trovare una soluzione per Svb, la cui crisi contribuisce a riportarla con i piedi per terra dopo anni di una crescita sfrenata che sembrava senza fine. La pioggia di critiche non risparmia neanche i fondi Esg - environmental, social and governance - che hanno investito in Silicon Valley Bank, importante finanziatrice di start-up attive nelle energie rinnovabili. Concentrati sull'ambiente, i fondi però si sono mostrati meno attenti sui rischi di governance, ignorandoli completamente, secondo alcuni. Fra le polemiche e nel tutti contro tutti, la Fed appare l'istituzione in maggiore difficoltà.

Indagine su chi doveva contrallare

 La banca centrale ha avviato un'indagine sulla supervisione e sui controlli presso Svb, la cui vigilanza - trattandosi di una banca contro 100 miliardi di asset - ricadeva proprio sotto la sua lente. In attesa degli esiti dell'esame, la banca centrale americana si prepara a un test ancora più complicato, quello di cercare un equilibrio fra la lotta all'inflazione e le tensioni sul mercato bancario dovute in parte al rialzo dei tassi di interesse. L'inflazione, pur se in rallentamento al 6% in febbraio dal 6,4% di gennaio, resta ben lontana dal target 2%, indicando come la battaglia della banca centrale contro il caro-vita è ancora lunga. Ma il fallimento di Svb e le tensioni sul sistema bancario hanno messo in evidenza come la sua campagna aggressiva di rialzi del costo del denaro ha delle conseguenze non volute e inattese che rischiano di mettere in pericolo l'economia.

Le prossime mosse della Fed

 In vista della riunione del 21 e 22 marzo, gli analisti sono divisi sulle prossime mosse della Fed. Alcuni ritengono che un'inflazione al 6% - e soprattutto con un aumento dello 0,5% dell'indice core, quello al netto di energia e alimentari - richiede quanto meno un aumento dei tassi dello 0,25%. Altri sono convinti che alla luce delle tensioni degli ultimi giorni la Fed deciderà di mantenere invariato il costo del denaro. Altri ancora ritengono che, a sorpresa, taglierà i tassi dello 0,25%.

Le mosse della Bce

 Per la Bce la strada sembra più chiara: alla riunione di giovedì un aumento dei tassi sembra scontato, ma i falchi che spingono per un ritocco dello 0,50% si troveranno probabilmente di fronte a una forte opposizione. E' possibile quindi che alla fine Christine Lagarde opti per un ritocco dello 0,25% confermando cosi' l'impegno alla lotta all'inflazione ma concedendo allo stesso tempo una boccata di ossigeno. Powell alla finestra segue da lontano le decisioni dell'Eurotower per capire la reazione dei mercati e prima di decidere come procedere.

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