le donne lavorare 59 giorni a salario zero

Ue: "Le donne guadagnano ancora meno, ma l'Italia dà il buon esempio"

8 Marzo, le donne europee continuano a lavorare 59 giorni a salario zero. Tgcom24 intervista la Vicepresidente della Commissione Ue, Viviane Reding

08 Mar 2014 - 08:00
 © tgcom24

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È un tema all' ordine del giorno in Europa dove - secondo gli ultimi dati diffusi dalla Commissione - le donne continuano a lavorare 59 giorni a salario zero. Le cifre parlano chiaro: il divario retributivo di genere, cioè la differenza media tra la retribuzione oraria di uomini e donne sull'intera economia, è rimasto quasi immutato negli ultimi anni ed è ancora del 16% circa (attestandosi al 16,4%, come l'anno precedente).

Quale migliore occasione per dare importanza a quest'argomento che l'8 marzo, Festa della Donnna, a una settimana dal 28 febbraio "Giornata per la parità retributiva" istituita proprio dall 'Unione europea? Si è celebrata per il secondo anno consecutivo in questa data perché corrisponde al 59° giorno dell'anno.

Sulla base dei dati disponibii l'Italia è tra i Paesi con il più basso divario di retribuzione (6,7%). Un divario che però, è aumentato negli ultimi anni sebbene il nostro Paese sia considerato uno di quelli in grado di dare il buon esempio. Per capirne di più abbiamo intervistato la Vicepresidente della Commissione Viviane Reding.

Secondo le cifre diffuse dall'Unione, l'Italia sembra essere in una buona posizione ma con una tendenza al ribasso come mai? In Germania invece il divario è molto più ampio, nonostante la sua potenza economica. Come si spiegano queste differenze?
L' Italia sì, è in buona posizione, il divario di retribuzione della Germania è invece superiore al 20%, ma è costantemente diminuito. Il Ministero tedesco per l'occupazione sostiene finanziariamente progetti che riguardano l'impatto della contrattazione collettiva sul divario di retribuzione. Detto questo, la situazione da un Paese all'altro è molto diversa e fare un confronto non è semplice. In generale, la lieve tendenza al ribasso nel divario retributivo può essere spiegata da diversi fattori: una quota crescente delle lavoratrici più istruite, (il 60% dei laureati è donna), il maggiore impatto della recessione economica su alcuni settori dominanti, come costruzione o ingegneria (dove prevale la forza lavoro maschile.

Quali sono i settori professionali in cui le donne sono più privilegiate e quelli dove lo sono meno?

Abbiamo effettuato diversi studi che mostrano che le donne e gli uomini svolgono lavori diversi e spesso operano in differenti settori. Per esempio, nel settore sanitario, le donne costituiscono l'80% di tutti i lavoratori. Circa il 60% dei nuovi laureati sono donne, ma sono una minoranza in campi come la matematica, l'informatica e l'ingegneria. Il 32% delle donne lavora part-time rispetto al solo 8% degli uomini. Questo ancora troppo spesso porta a opportunità di carriera differenti. Ecco perché ci sono finanziamenti per progetti di promozione per donne imprenditrici e partecipazione delle donne nella scienza e nella tecnologia, in particolare nelle posizioni decisionali. In un momento in cui la popolazione europea sta invecchiando e i tassi di natalità sono in calo, è necessario un intervento per innescare il cambiamento. Troppe donne ancora si trovano in una gabbia di cristallo che impedisce loro di sviluppare la carriera e raggiungere la dirigenza.

Pensa che la maternità potrebbe essere ancora un elemento discriminante?
Per quanto riguarda il congedo di maternità, la situazione è molto buona, e questo grazie al diritto dell'Unione europea. Sotto la legislazione della Ue, tutte le donne hanno il diritto al congedo di maternità di almeno 14 settimane e alla protezione dal licenziamento. Nel 2008, la Commissione ha proposto di migliorare ulteriormente la situazione e di arrivare a un diritto minimo di 18 settimane in tutti i Paesi. La proposta è ancora in discussione in seno al Consiglio dell'Ue e il Parlamento europeo. Il diritto dell'Unione europea stabilisce inoltre prescrizioni minime sul congedo parentale e abilita i genitori a occuparsi del bambino per almeno quattro mesi. E, infine, la Ue protegge anche i lavoratori autonomi, concedendo loro un'indennità di maternità e un congedo di almeno 14 settimane.

Fra le vostre iniziative c'è quella di migliorare la presenza femminile ai vertici aziendali.
Sì, stiamo affrontando anche questo squilibrio. Nel 2011 abbiamo chiesto alle aziende europee una sorta di autoregolamentazione ma, l'anno successivo abbiamo verificato che il progresso non era visibile. Per questo motivo, nel novembre 2012 la Commissione ha presentato una legge che assicura che donne qualificate ottengano una possibilità nel processo di reclutamento nelle aziende. Avverrà in modo graduale: entro il 2020 vorremmo che nelle aziende, il 40% delle posizioni (seppur non dirigenziali) siano occupate da donne. Nel 2018 per quanto riguarda il pubblico impiego. Il ragionamento è semplice: nessuna donna otterrà un lavoro solo perché è una donna, ma a nessuna donna sarà negato un lavoro semplicemente perché tale.

E rispetto agli Stati Uniti, l'Unione europea è in ritardo?
L'Unione europea è stata pioniere nell'area della parità di genere. Grazie alle leggi della Ue, le donne non devono più affrontare discriminazioni di sesso. Abbiamo sviluppato leggi che garantiscono uguale paga per uguale lavoro, diritti minimi per congedo di maternità. E nonostante la recente crisi economica, il tasso di occupazione per le donne in tutta l'Unione europea è al 63%, (era il 55% nel 1997) solo 2 punti percentuali inferiore a Stati Uniti e Giappone. L' Europa non è certamente in ritardo. Al contrario, dato il nostro impegno nel migliorare la situazione delle donne nel corso degli anni, non ho alcun dubbio che possiamo ispirare altri Paesi in questo percorso.

Quanto tempo ci vorrà per colmare definitivamente il gap tra uomini e donne in Europa?
Anche se la nostra legge non è stata ancora adottata ovunque, vediamo chiaramente che ha innescato il cambiamento: la spinta per ottenere un equilibrio sta guadagnando terreno ovunque in Europa. Il buon esempio è arrivato da Paesi come Italia e Francia, che hanno invece già adottato la legislazione e stanno iniziando a registrare progressi significativi. A oggi sempre più aziende sono in competizione per attrarre i migliori talenti femminili. E questo è grazie alla nostra azione.

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