Il governatore della Banca d'Italia: "Renzi mi chiese di Etruria, io non risposi"
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"La Banca d'Italia non ha mai fatto pressioni su nessuno per favorire la Banca Popolare di Vicenza o sollecitarne un intervento. Mai". E' quanto ha affermato il governatore di Banca d'Italia Ignazio Visco, in audizione alla Commissione d'inchiesta sulle banche, rivendicando il corretto operato di Bankitalia. Sulla Boschi poi: "Mai avuto pressioni per Banca Etruria". Visco ha poi ricordato di non aver mai avuto "screzi" con gli ultimi premier.
Il caso Boschi - L'allora ministro Maria Elena Boschi incontrò per due volte il vice di Banca d'Italia, Fabio Panetta, al quale "manifestò il dispiacere e le preoccupazioni sulle conseguenze della crisi di Banca Etruria". Panetta, ha ricordato Visco, riferì "a me e al dg Rossi dei brevi colloqui, nei quali non ci fu richiesta di interventi e non si parlò di questioni di vigilanza". "Ci fu - ha aggiunto - la manifestazione di interesse e dispiacere per la crisi che una banca così poteva avere sul territorio. Pressioni? No, prese cum grano salis di persone mature per cui di queste cose non si parla".
"Collaborazione con i premier" - "Nei miei colloqui con i presidenti del consiglio non c'è mai mai stato uno screzio, ma ampia condivisione". Visco ha però precisato che "a volte ci sono state valutazioni diverse, non solo con Renzi su come affrontare certe situazioni".
"Renzi mi chiese di Etruria, io non risposi" - L'ex premier Renzi, nei suoi incontri nel 2014 con il governatore di Bankitalia, è la ricostruzione dello stesso Visco, "certamente una domanda la fece" in merito alla questione di Banca Etruria, "e io non risposi. Dissi che di banche in difficoltà io parlo solo col ministro dell'Economia".
"Abbiamo affrontato molte difficoltà - ha spiegato il numero uno di Bankitalia - riuscendo a superarne tante nei limiti delle nostre competenze e del nostro mandato. Le perdite sopportate dai risparmiatori nei casi in cui non e stato possibile risolvere altrimenti le crisi sono state diffuse e dolorose".
Visco ha però sottolineato che sebbene "nell'opinione di alcuni la Banca d'Italia avrebbe sempre detto che 'andava tutto bene' e avrebbe sottovalutato la situazione quando con la seconda recessione, innescata nel 2011 dalla crisi dei debiti sovrani, una nuova ondata di deterioramento della qualità dei crediti si è aggiunta a quella sopportata dalle banche nel triennio precedente", le cose non stanno così. Il governatore ha infatti precisato che già 2012 era stato lanciato un allarme sul peggioramento della qualità del credito, e ha sottolineato che "in oltre 120 anni di storia della Banca non ci risulta vi sia mai stato un ispettore che nell'esercizio della propria funzione si sia reso colpevole di omessa vigilanza, o sia stato condannato per corruzione o concussione".
Visco ha poi chiarito alla commissione che "in un'economia di mercato la vigilanza può ridurre la probabilità di crisi di singoli intermediari e contenerne gli effetti, ma non può annullarla, soprattutto in fasi congiunturali particolarmente difficili. In Italia, come nel resto dei paesi sviluppati, le banche sono imprese che competono per rimanere sul mercato. Le imprese gestite male finiscono inevitabilmente per andare in crisi e per chiudere. Nel caso delle banche la questione più delicata è come assicurare che questo processo avvenga senza creare gravi rischi per la stabilità finanziaria e con il minimo impatto sui risparmiatori".
Per quanto riguarda le banche italiane, a determinare la crisi del sistema "non è stata una vigilanza disattenta ma la peggiore crisi economica nella storia del nostro Paese. La mala gestio di alcune banche, comunque, c'è stata e l'abbiamo piu' volte sottolineato; le gravissime condizioni dell'economia hanno fatto esplodere le situazioni patologiche. Se non vi fossero state gestioni poco prudenti e spesso caratterizzate da pratiche illegali, perfino queste sette crisi (le 4 banche fallite, le due venete e Mps, ndr) avrebbero potuto essere superate in modo ordinato". In ogni caso, secondo Visco, si tratta di banche "che avevano la loro operatività prevalente in territori duramente colpiti dalla recessione. Tra il 2007 e il 2013 in Veneto il Pil, il valore aggiunto dell'industria in senso stretto e quello delle costruzioni sono diminuiti del 9, dell'11 e del 34 per cento; nelle Marche del 13, del 18 e del 40 per cento; in Toscana del 7, del 18 e del 26 per cento".