ANCORA SANCHEZ O RITORNO ALLE URNE

Elezioni Spagna, i catalani di Junts ago della bilancia: ecco gli scenari possibili

Gli indipendentisti hanno in mano la chiave della governabilità: senza il loro apporto si ritorna alle urne. Intanto la Corte suprema ha chiesto il mandato d'arresto europeo per il loro leader Carles Puigdemont

24 Lug 2023 - 14:20
 © Ansa

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Due mezzi vincitori e diversi sconfitti. Le elezioni spagnole del luglio 2023 non vedono alcun trionfatore assoluto, con il Partito Popolare che ottiene il maggior numero di voti ma a spese del possibile alleato Vox, che dimezza i suoi seggi. E se i socialisti del premier uscente Pedro Sanchez tengono oltre ogni previsione ma vengono comunque sconfitti, gli indipendentisti catalani di Junts - a sorpresa - hanno in mano la chiave della governabilità: senza il loro apporto, si ritorna alle urne. Un'ipotesi sempre più probabile dopo che la Corte suprema spagnola ha chiesto il mandato d'arresto europeo per il leader Carles Puidgemont.

L'analisi dei dati - Ma qual è lo scenario politico che si profila all'orizzonte? Partiamo dai numeri. Il Partito Popolare ottiene 136 seggi (33% dei voti, 47 in più rispetto al 2019) ma è lontano dalla maggioranza assoluta, anche considerando l'ultradestra di Vox, che conta 33 seggi (19 in meno rispetto al 2019) per il 12,3% dei voti. La sostanza non cambia se si contano altri partiti minori di destra: si arriverebbe infatti a 171 deputati su 176 necessari.

Come detto, il Partito Socialista raccoglie il 31,7% delle preferenze e 122 seggi (+2) e, di fatto, esce sconfitto. Ma se sommiamo i risultati dei potenziali alleati? La nuova coalizione di sinistra Sumar (al 12,3%) ottiene 31 seggi, gli indipendentisti catalani di Erc arrivano a 7, i radicali baschi di Bildu a 6, i nazionalisti baschi del Pnv a 5. Il totale, se consideriamo anche altre formazioni minori, fa 172. Uno in più della destra, ma quattro in meno della fatidica soglia di 176. E quindi?

Catalani ago della bilancia - I sette seggi degli indipendentisti catalani di Junts, guidati dall'ex presidente della Generalitat in esilio Carles Puigdemont, possono essere decisivi: il suo partito è infatti l'ago della bilancia della governabilità a Madrid. Ma a una condizione: non ci sarà alcun appoggio al nuovo premier senza "amnistia e autodeterminazione della Catalogna".

A chiarirlo è Jordi Trull, segretario generale di Junts, che ha spiegato che il suo partito non resterà "intrappolato nella rete del governo della Spagna". Il movimento per l'indipendenza "non può sprecare una situazione come questa" e deve approfittare "della finestra d'opportunità" creata dalle elezioni, restando però "fedele agli impegni presi nei confronti della cittadinanza" catalana. Junts ha inoltre fatto sapere che "durante questi mesi" parlerà con gli altri partiti locali per cercare di recuperare l'unità di azione del movimento.

Sulla scia anche l'altro partito indipendentista catalano Erc, che porrà condizioni per l'investitura del leader socialista. In un'intervista a LaPresse, il portavoce Gabriel Rufian ha fatto sapere che le priorità sono "porre fine al deficit fiscale di cui soffre la Catalogna", intesa come la differenza tra i contributi versati dai catalani e le risorse che ricevono dallo Stato centrale, e "il trasferimento completo ed effettivo del servizio ferroviario locale alla Generalitat, con tutti i finanziamenti necessari". E aggiunge: "Chiediamo poi che Sanchez non abbandoni il tavolo dei negoziati" tra il governo centrale e il governo catalano "per risolvere il conflitto politico" in atto.

Per Sanchez sarebbe tuttavia problematico acconsentire a un futuro referendum per l'indipendenza della Catalogna. Il prezzo politico da pagare sarebbe infatti troppo alto, con Vox e la destra subito pronte a raccogliere i voti degli scontenti. Tra l'altro, proprio in queste ore, il procuratore della Corte suprema spagnola - che dipende dal governo - ha chiesto al giudice Llarena di spiccare un mandato d'arresto europeo per estradare e imprigionare Puigdemont e l'eurodeputato Toni Comin. "Questo è il vero dialogo di Pedro Sanchez", ha scritto su Twitter Aleix Sarri i Camargo, l'assistente dell'ex presidente della Generalitat.

Governo di minoranza - Nel frattempo Alberto Nunez Feijoo, presidente del Partito Popolare, rivendica la vittoria e, da candidato più votato, chiede agli altri partiti di astenersi per formare un governo di minoranza. Una richiesta che appare quasi impossibile da esaudire, forse dettata anche dal timore di perdere la leadership dei popolari in favore di Isabel Diaz Ayuso, presidente della Comunità di Madrid e in grande ascesa come nuovo volto della destra spagnola.

Sanchez o urne - Insomma, gli scenari più probabili al momento sono due: la maggioranza attuale rimane al potere, con Sanchez che governa per i prossimi quattro anni ma con ampie concessioni agli indipendentisti catalani, che tuttavia non vedranno mai il premier socialista acconsentire a un referendum per l'indipendenza; in alternativa si torna alle urne, dai quali potrà uscire un risultato ancora più incerto.

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