L'attività ittica commerciale e il riscaldamento globale riducono le dimensioni degli animali
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Pesci di taglia più piccola e più vulnerabili all'attacco dei predatori. Questa la conseguenza della pesca commerciale, specie a strascico, e del riscaldamento globale. Un processo lento che si riscontra tra una generazione e l'altra. E' il risultato di uno studio condotto dall'ente australiano di ricerca Cisro con il supporto di colleghi finlandesi e pubblicato su Biology Letters.
Un modello informatico - Già ricerche precedenti avevano accertato che alcune specie diminuiscono di dimensione man mano che gli individui più grandi finiscono nelle reti, e che il cambiamento climatico influenza la catena alimentare.
Ora il nuovo studio su pesci australiani ha misurato il più ampio impatto di questo fenomeno. Gli studiosi hanno usato un gigantesco modello computerizzato per simulare l'interazione fra 56 gruppi di organismi fra cui alghe, crostacei, pesci e balene.
L'obiettivo era prevedere cosa potrebbe avvenire se cinque specie, regolarmente pescate a strascico presso il Sud Est dell'Australia, declinassero in lunghezza lungo un periodo di cinquant'anni. La riduzione è risultata modesta, fino al 4 per cento, ma la mortalità causata da predatori è aumentata fino al 50 per cento.
Gravi ripercussioni ambientali ed economiche - Le ripercussioni sull'ecosistema e sull'industria ittica sono significative. La biomassa totale per quattro delle specie in esame e la quantità pescata diminuirebbero fino al 35%.
La biologa Asta Audzijonyte che ha condotto lo studio spiega: "Anche piccole diminuzioni possono avere gravi effetti sulla mortalità naturale".
L'esperta aggiunge che la pressione inoltre può causare un'evoluzione delle specie verso minori dimensioni: "Se maturano tardi possono essere catturati e non riprodursi, quindi c'è una pressione evolutiva verso una maturazione anticipata".