Anche se il morbillo è la causa principale, la contaminazione delle acque è determinante
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Oltre alla trasmissione del morbillo, anche l'inquinamento e il poco cibo hanno contribuito alla morte di 150 delfini in cento giorni lungo le coste italiane. Lo ha detto Sandro Mazzariol, coordinatore Cert e ricercatore dell'Università di Padova, durante l'incontro romano "Delfini a rischio, perché? Dalle quotidiane minacce alla recente epidemia" organizzato da Marevivo e dalla Marina Militare.
Più di una causa - Se da una parte il morbillivirus si conferma fattore principale dell'anomala moria di delfini che da gennaio ha interessato le coste del Tirreno, dall'altra va sottolineato che "le stenelle, quasi tutte giovani di età inferiore ai 20 anni, sono morte per una serie di concause: scarsità di cibo, pesca intensiva, inquinamento che riduce le difese immunitarie dei cetacei, in sintesi un mare malato a causa dell'azione umana", ha spiegato Mazzariol.
Santuario violato - A essere colpito dalla moria è stato soprattutto il cuore del Santuario dei Cetacei, che "non ha in definitiva strumenti concreti, ma è soprattutto un messaggio di tutela", ha affermato Oliviero Montanaro, national focal point del Santuario. "Nel 2009 abbiamo stipulato la "Carta del Partenariato", hanno aderito per il momento 25 Comuni ma la direzione intrapresa è quella giusta".
I progetti con i più piccoli - La presidente di Marevivo, Rosalba Giugni, ha quindi ricordato l'impegno trentennale dell'associazione nella tutela dei delfini anche con l'iniziativa "Delfini Guardiani", un progetto di educazione ambientale nelle isole minori e nei comuni costieri che vede impegnati mille ragazzi. "Amare il mare - ha dichiarato il capo di Stato Maggiore della Marina Militare Giuseppe De Giorgi - significa occuparsi del mare e spero che questi giovani abbiano appreso in questa esperienza con noi che è semplicissimo vivere con regole rispettose dell'ambiente a beneficio della collettività".