Ricadute negative sull'occupazione e Paesi in via di sviluppo usati come discariche
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In Italia il riciclo illegale dei rifiuti vale sette miliardi di euro. Un mercato che tocca abbigliamento e agroalimentare. La strada dell'illegalità, inoltre, brucia 110 mila posti lavoro. Questi alcuni dei rischi di esportazioni e importazioni, di prodotti pericolosi emersi grazie a uno studio realizzato dall'Eurispes in collaborazione con Polieco, il consorzio per il riciclaggio dei rifiuti dei beni a base di polietilene.
Paesi in via di sviluppo come discariche - Secondo il rapporto, il 25% delle spedizioni di rifiuti inviate dall'Ue ai Paesi in via di sviluppo di Africa e Asia in violazione delle normative internazionali.
Allo stesso modo, l'illegalità dell'esportazione riguarda anche un'ingente quantità di beni contraffatti o pericolosi che arrivano in Europa, prodotti attraverso il riciclo illegale. In Italia, le stime sulla contraffazione parlano di "un giro di circa 7 miliardi, con minori entrate fiscali per 1,7 miliardi e una perdita di 110 mila posti di lavoro".
Tra i settori più colpiti, abbigliamento e accessori, pirateria informatica e agroalimentare. Nel 73% dei casi i beni sequestrati sono di origine cinese.
Possibili soluzioni - Per contrastare questo problema, oltre all'aiuto del marchio di qualità ambientale volontario "rifiuti km 0", è stata proposta la predisposizione di "ulteriori incentivi per riciclatori e produttori e una maggiore cooperazione tra produttori, distributori, consumatori, riciclatori". Tra le prospettive indicate, la promozione di un mercato dei prodotti riciclati made in Italy.
"Un settore strategico" - Gian Maria Fara, presidente dell'Eurispes, afferma: "L'uso di prodotti riciclati è diventato sempre più centrale e strategico. Non è azzardato ipotizzare che nel prossimo futuro assisteremo a una "guerra delle plastiche". Il miglioramento della gestione dei rifiuti può aprire nuovi mercati e creare posti di lavoro".
Per Enrico Bobbio, presidente Polieco, è necessario approfondire e "superare le discrasie di un modello di gestione nazionale che appare inefficace in termini di risultati economici e ambientali".