FENOMENI ESTREMI

Cambiamenti climatici: quali sono i dati e le prospettive future?

Il metereologo del Centro Epson Meteo, Simone Abelli, spiega la gravità della situazione climatica e le possibili soluzioni

15 Ott 2013 - 12:02
 ©  Afp

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"Ogni anno i fenomeni climatici estremi registrano nuovi record. Ci stiamo avvicinando davvero a un clima simile a quello dei Paesi tropicali, dove le piogge torrenziali risultano la regola, anziché l’eccezione". A lanciare il grido di allarme, nel corso della diretta di TgCom24 di domenica 13 ottobre dedicata proprio al clima e ai suoi mutamenti, è Simone Abelli, meteorologo del Centro Epson Meteo.

Secondo i dati forniti dall’esperto, negli ultimi decenni, in media, abbiamo avuto infatti annualmente dai tre ai quattro eventi alluvionali di ingente portata: vale a dire eventi che hanno causato purtroppo vittime e gravi danni. "Basti pensare a due anni fa - precisa Abelli - quando, nell’arco di appena tre settimane, abbiamo avuto quattro grosse e drammatiche alluvioni: la più importante, quella che ha colpito la zona di La Spezia e le Cinque Terre. E poi ricordiamo Genova, con quella valanga di acqua e fango che ha devastato interi quartieri". I maggiori disastri legati al clima estremo, nel 2012, si sono verificati negli Stati Uniti, in Cina e - sembra incredibile - in Italia.

Che il cambiamento climatico sia effettivamente in atto lo conferma anche il quinto rapporto della conferenza Ipcc che si è recentemente tenuta a Stoccolma. Conferenza dalla quale è emerso che le responsabilità dell’uomo nei confronti di tali cambiamenti climatici sono sempre più gravi.  "Due - fa notare il meterologo - sono gli scenari che si prospettano. Il migliore di questi prevede drastiche riduzioni dei gas a effetto serra: cosa che comunque non potrà impedire un aumento della temperatura globale di 1 grado entro il 2100, con un innalzamento delle acque dei mari di 24 cm. Nel peggiore dei casi, invece, la temperatura globale aumenterà invece di ben 3,7 gradi, con conseguente innalzamento delle acque di 63 cm".

L’innalzamento dei mari porterebbe alla scomparsa di molte città costiere (tra le maggiori a rischio ci sono ad esempio Venezia, Miami, Bangkok) e di molti atolli o piccole isole come nel caso delle Maldive e delle Seychelles. Una prospettiva davvero catastrofica, se si pensa che questo porterebbe a uno sconvolgimento totale della geografia terrestre. Il drastico intervento dell’uomo diventa quindi quanto mai urgente oltre che necessario. Ma non è tutto. "Se la situazione è così grave a livello planetario - dice l’esperto - anche sul piano nazionale l’allerta è elevatissima. I fenomeni estremi acuiscono il rischio idrogeologico: attualmente, ben 6.333 comuni italiani su 8.092 sono in pericolo da questo punto di vista. L’Italia rappresenta un Paese - simbolo per quanto riguarda sia i cambiamenti climatici che la fragilità del territorio".

Abelli spiega tutto questo al pubblico con un esempio concreto: "Se cadono 500 mm di pioggia in una determinata località - parliamo di mezza tonnellata di acqua per metro quadro! -, questa quantità non può essere contenuta da nessun monte e neppure da nessun bosco. Se la responsabilità dei cambiamenti climatici è globale, per contenere le drammatiche conseguenze di tali cambiamenti a livello locali chi gestisce il territorio ha il compito di far sì che eventi di questa portata non causino vittime o danni irreparabili". Dalle alluvioni alle ondate di caldo africano. "La temperatura media in aumento comporta, nel periodo estivo, anche varie ondate di caldo africano, oltre che un aumento della temperatura delle acque dei nostri mari. E il fatto che la temperatura media del Mediterraneo risulti sempre più spesso sopra la norma è gravissimo. Causa infatti la comparsa, durante la stagione autunnale, di fenomeni estremi come gli “uragani mediterranei". Prova ne sono i pesci: il nostro mare risulta sempre più affollato di una fauna ittica tipica dei Paesi tropicali.

L’esperto dedica quindi l’ultima parte della sua riflessione al clima del futuro. "Sicuramente registreremo un aumento della vegetazione: si parla addirittura del 34% in più entro gli ultimi 30 anni del secolo. C’è chi sostiene, poi, che entro il 2100 la Groenlandia diventerà completamente verde". Prospettive drammatiche, che potrebbero completamente sconvolgere non soltanto la geografia terrestre ma anche, e soprattutto, la vita dell’uomo. Come gestire, dunque, il cambiamento? "Bisogna partire - conclude Abelli - dai nostri comportamenti quotidiani. Innanzitutto riducendo i consumi giornalieri, in secondo luogo utilizzando in maniera sempre più consistente le fonti rinnovabili. Solo così, forse, l’uomo riuscirà a salvarsi, e a salvare il proprio Pianeta da sconvolgimenti irreparabili".

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