Tutto ha origine da un'opera teatrale ritrovata, un melodramma risalente al 1892 e carissima al designer: "La bella di Alghero". In passerella, personaggi e atmosfere ispirate a quell'antico libretto. Nero e sensualità. Abiti stretch e taffetà, voile e tulle. Le creazioni dello stilista sardo si fondono con elementi catalani (a rinsaldare le comuni origini) ed evocano il flamenco e la Carmen di Bizet. Un gioco di sovrapposizioni, arricciature e fantasie, che includono il denim e il gessato, capi in pelle e principe di Galles, i pantaloni da Picador per gli uomini. Un tripudio di inserti, fiocchi, ricami, plissé e pennellate di colore, cioroddus (come chiamano i pasticci gli algheresi) realizzati direttamente dallo stesso Marras: "Mi appassiona dar voce a cose apparentemente mute, perché diventino abiti che parlano", ha spiegato lo stilista. E poi tante rose: fotografiche, accennate, jacquardate, flockate, riprodotte, anche loro disegnate a mano.