Rosario Patanè preferisce la vecchia attrezzatura analogica a quella digitale e la porta nelle piazze per immortalare la gente come si faceva un tempo
di Giuliana Grimaldi© tgcom24
Reflex, social network e fotoritocco: tre parole che Rosario Patanè non vuole nemmeno sentire pronunciare. Lui scatta ancora nascosto da un pesante telo e sviluppa le foto armato di bacinelle, liquidi e pinzette. Come i primi fotografi, ha scelto di girare per le piazze e di ritrarre le persone fuori dallo studio. Monta tutta l'attrezzatura nella piazza dei vari paesi in cui si presenta e la magia è presto compiuta: attirati dal suo abbigliamento retrò e dall'ingombrante cavalletto, è la gente a fare il resto. Gli si avvicina e chiede una foto fatta come si faceva una volta, con tempo di posa lungo e stampa con reagenti. A scrivere l'immagine ci pensano la luce e le sostanze chimiche che la imprigionano sulla pellicola. Il risultato non è in alta risoluzione ma certamente ha l'autenticità che nessuno smartphone è in grado di restituire.
Rosario, come descriveresti la tua attività?
Sono un fotografo siciliano che realizza ritratti in strada con una macchina fotografica del 1930 e sviluppa direttamente in una camera oscura portatile le fotografie, proprio come si faceva negli anni Trenta. Opero solitamente ogni fine settimana in Piazza Umberto I a Zafferana Etnea, alle pendici dell'Etna.
Come ti avvicini alla fotografia?
Ho iniziato con la fotografia nel 2006 in occasione di un mio viaggio sui monti della Sila in Calabria: in quell'occasione ho acquistato la mia prima macchina fotografica digitale per immortalarne i paesaggi. Ho ereditato la passione per la fotografia da mio padre. Nel 2011 approfondisco con un corso di studi professionale conseguendo un attestato. Nel 2013 nasce la mia attività personale dopo un periodo di apprendistato presso uno studio fotografico del Catanese e inizio dunque ufficialmente la mia attività di fotografo professionista che mi porta a lavorare anche per diverse aziende importanti come RedBull. Nel 2015 una mia foto dell'Etna in eruzione viene pubblicata dalla "National Geographic" e da allora iniziano per me una serie di importanti cambiamenti. Nonostante il successo che abbiano le mie foto paesaggistiche realizzate con la tecnica digitale, non sono soddisfatto perché non è ancora esattamente il mio modo di volermi esprimere. Il mio amore per la fotografia cresce di pari passo alle ricerche e agli studi che effettuo per conto mio finché un bel giorno mi trovo in un negozio di antiquariato ad acquistare una macchina fotografica Polaroid di quelle a sviluppo istantaneo. Da allora la mia vita cambia totalmente.
Come nasce il rifiuto della fotografia digitale?
Inizio ad appassionarmi fortemente alla fotografia analogica e inizio un nuovo percorso di studi basati sulla "Visualizzazione" e sul "Sistema Zonale" del grandissimo fotografo statunitense Ansel Adams. Acquisto le mie prime macchine a pellicola e inizio a stampare le mie foto in una piccola camera oscura presso il mio vecchio studio di Catania. La passione e la curiosità, l'amore e la voglia di fare grandi cose cresce sempre di più insieme ai risultati ottenuti e decido quindi di addentrarmi definitivamente ed esclusivamente nel mondo della fotografia "lenta" o "analogica" acquistando la mia prima macchina fotografica di grande formato (di quelle con la coperta per intenderci) che è una "Paris Opera 9x12cm".
Come ti è venuta l'idea di fare il fotografo itinerante?
Dal 2016 inizio un mio tour per le piazze di Sicilia proprio con la Paris Opera e una camera oscura portatile. Il sistema che uso per ritrarre la gente è molto semplice: consiste nel caricare negli "chassis" o porta pellicola della fotocamera, un particolare tipo di carta fotografica reintrodotta da poco perché fuori produzione ormai da diversi decenni: la carta fotografica positiva diretta e cioè una carta che restituisce un'immagine appunto positiva anziché il classico negativo. Inizia il mio nuovo percorso fotografico, con tanto di abiti tradizionali, camera oscura portatile, una macchina fotografica degli anni '10, uno zainetto con liquidi e attrezzature varie, e tanta voglia di scattare. I vecchi fotografi che incontro rimangono sbalorditi e mi raccontano cosa avveniva esattamente nel passato, mi raccontano dell'emblematica e ormai quasi del tutto scomparsa figura del fotografo ambulante o itinerante, il fotografo di strada che realizza e vende i ritratti sul posto. Mi si apre un mondo entusiasmante fatto di argento, odori, emozioni, delusioni e vittorie, divento una vera e propria attrazione per alcuni e decido di dedicarmi esclusivamente a questo modo di fotografare.
Qual è la tecnica che utilizzi?
La carta positiva diretta viene processata come qualsiasi altra emulsione fotografica, semplicemente in bacinella utilizzando una prima soluzione di "sviluppo" a base di idrochinone - fenidone che ne amplifica l'immagine rendendola visibile, una seconda di "arresto" a base di acido citrico che appunto ne arresta il processo di sviluppo, e un'ultima di "fissaggio" a base di iposolfito di sodio che elimina tutti gli alogenuri d'argento che non hanno reagito alla luce. Sì, l'immagine è appunto prodotta dall'argento e ciò che vediamo sotto forma di immagine è proprio una sottilissima patina argentica comparsa grazie allo sviluppo. Posso portare in giro questo meccanismo con delle semplici piccole bacinelle nella mia camera oscura dunque. Dopo le prime esperienze acquisto un'altra fotocamera, questa volta del 1930, che essendo più "moderna" della prima mi permette di lavorare certamente in maniera più precisa soprattutto coi tempi di scatto. I ritratti sono di formato tascabile aventi le misure standard del tempo e cioè 9x12 cm. Continuo a dedicarmi anche al mio primo amore, la fotografia di paesaggio e natura, e questa volta ovviamente realizzata con queste fotocamere ma con un negativo fotografico che ne permette l'ingrandimento e soprattutto la duplicazione. I ritratti che realizzo sono infatti a "copia unica" essendo realizzati direttamente su carta fotografica. In concomitanza ai ritratti realizzo gigantografie che superano anche di parecchio il metro nella mia nuova camera oscura più spaziosa e le espongo per le strade di Sicilia, semplicemente chiedendo e pagando il suolo pubblico. Ho venduto migliaia di immagini in un solo anno a turisti da tutto il mondo, dall'Australia alla Russia passando per Cina e Giappone, dall'Europa agli Stati Uniti sfruttando ovviamente i luoghi turistici che offre la mia meravigliosa terra. La gente apprezza, mi fotografa e si fa “immortalare” da me.
In qualche modo hai iniziato una "crociata" contro la fotografia digitale e i social: quali sono le motivazioni?
Penso che la fotografia deve necessariamente tornare in strada per essere "condivisa": per questo ho cancellato tutti i miei profili internet lasciando solamente dei siti. Ho detto basta a Facebook, Instagram e Twitter che non fanno altro, secondo me, che ridurre la fotografia a semplici e banali immagini digitali oltre che a spingere la gente a “isolarsi" davanti a un monitor o uno schermino, piuttosto che intraprendere dei rapporti comunicativi reali. Oggi produciamo milioni di immagini che dopo un istante non valgono più e questo è ciò di cui non si accorgono le nuove generazioni di fotografi. La fotografia è viva più che mai e viene certamente apprezzata, ma bisogna cercarla fuori da un pc o da uno smartphone.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Per quest'anno ho deciso di rimanere nel paesino alle pendici dell'Etna che mi ospita molto volentieri, Zafferana Etnea, ma in futuro mi piacerebbe portare questo "nuovo" modo di fotografare in tutte le piazze d'Italia e successivamente d'Europa e, perché no, di tutto il mondo, incontrando la gente e vivendo la fotografia come amore, passione e "missione".