I più famosi condimenti italiani per la pasta
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Al World Pasta Day si parla dei condimenti che da qui al 2050 accompagneranno uno degli alimenti più amati al mondo
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Se si pensa al futuro degli italiani, anzi, del mondo intero, sicuramente non lo si può immaginare senza pasta, e se nel tempo cambierà la pasta di cui è fatto l'uomo cambierà anche quella del suo piatto. Di fatto, tra i suoi futuri ingredienti si prevedono farina di insetti e alghe come la spirulina. A dichiararlo è stato il segretario dei pastai di Unione Italiana Food, Luigi Cristiano Laurenza, in vista dell'evento World Pasta Day che presenta le tendenze di questo consumo fino al 2050. Ideare la pasta del futuro significa dare un domani a una parte dell'industria italiana ma anche alla tradizione gastronomica.
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La pasta del futuro - Tra le mode dei prossimi "pastaioli" da un lato rimarrà il tradizionale piatto di pasta al pomodoro, dall'altro si inseriranno nuovi condimenti ispirati al tema dei pasti salutari, della semplicità, del biologico e della sostenibilità. Un'altra tendenza sarà anche la contaminazione con ingredienti innovativi.
Il primato italiano - Così, il settore italiano della pasta che detiene il primato con 3,3 milioni di tonnellate di produzione, davanti a Usa, Turchia e Brasile, potrà conquistare anche nuovi mercati. A minacciarne l'andamento, però, è l'avanzata dell'industria turca che in 5 anni è riuscita a crescere del 77%. "Se dieci anni fa la pasta turca era un prodotto incomparabile rispetto al nostro, negli ultimi anni ha ridotto il gap per cui mettono sul mercato paste un po’ più palatabili di quelle che immettevano tanti anni fa", ha spiegato Laurenza.
La sfida qualitativa - "Noi puntiamo tutto sulla qualità. Qualità significa attenzione alla ricerca delle migliori materie prime provenienti da tutto il mondo ma anche qualità di processo. Dobbiamo puntare per forza su questo perchè ovviamente sulla quantità e sul prezzo i turchi saranno più aggressivi", ha aggiunto il segretario dei pastai. "Abbiamo stimato che in Italia si ha una eccedenza del 33%, praticamente utilizziamo le macchine al 67%, per cui il problema vero è mettere sul mercato una pasta e farla capire prima ai buyer e poi al consumatore, facendo cogliere la differenza qualitativa tra la pasta italiana e quella non italiana, questa è la sfida del domani su cui siamo fortemente impegnati”.