Dopo aver subìto danni permanenti al polso giocando ai videogame per più di dieci ore al giorno, l'uomo ha deciso di aprire uno studio per aiutare a combattere la dipendenza da gaming
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La dipendenza dai videogiochi non è più un mistero: nonostante le immense potenzialità a livello terapeutico del mondo videoludico, non sono rari i giocatori che restano intrappolati davanti a uno schermo. Per fortuna non tutte le storie hanno un triste epilogo, come quella di un uomo che, dopo aver riportato danni permanenti ai tendini del polso per le decine di ore spese ai videogame, ha avviato un proprio studio teraupeutico per aiutare le persone a superare la dipendenza da gaming.
Si tratta del 31enne Adam Holman, originario del Wisconsin e trasferitosi in Arizona nel 2021, il quale aveva iniziato il suo percorso da giocatore con grandi classici come The Legend of Zelda e Super Mario su console Nintendo, prima di essere risucchiato dai videogame online che lo hanno portato a una forte dipendenza.
Holman, che ha raccontato di essere "praticamente nato con il controller in mano", è riuscito a staccarsi dai videogiochi dopo essersi reso conto che era proprio questa ossessione la causa del disfacimento delle sue relazioni e della sua salute fisica. Tutto ciò, unito alla consapevolezza di poter essere espulso dall'università, ha portato l'uomo ad affrontare i suoi demoni. "Anziché rimproverarmi, mi sono posto la domanda: 'Qual è il motivo per cui non voglio andare a lezione?'", ha spiegato Holman. "In quel momento ho capito che non c'era altra strada da percorrere. Ho dovuto riconsiderare davvero l'uso dei videogiochi".
Il giovane ha così deciso di usare la propria esperienza traumatica per aiutare altri giocatori che lottano con la stessa dipendenza da videogiochi, social media e tecnologia, dopo aver conseguito la qualifica di terapeuta e aver fondato il suo studio personale, chiamato molto opportunamente "Main Quest Psychotherapy".
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Dopo la pandemia, Adam ha assistito alla crescente preoccupazione di tanti genitori preoccupati per l'ossessione dei propri figli, al punto da arrivare a creare un vero e proprio servizio di consulenza psicologica e tecnica, non potendo per forza di cose ricevere tutti di persona. "Le persone fanno molta fatica a essere presenti nella loro vita", ha spiegato. "Le condizioni create dal Covid e dall'isolamento hanno reso più attraente il ricorso ai social media e ai videogiochi. So per certo che molti di noi hanno trovato dei modi per affrontare le sfide nel corso della pandemia e hanno continuato a usare questi metodi".
Subito dopo, Adam è stato "inondato" di e-mail di genitori preoccupati per i loro figli. "La risposta è stata travolgente", ha dichiarato l'uomo. "Purtroppo non ho tempo di incontrarli individualmente, perché vorrei che non fosse così".
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Adam racconta le sue abitudini, confidando di giocare con il suo NES da bambino come tutti i suoi coetanei, dedicando circa un'ora al giorno dopo essere tornato da scuola. È stato durante l'adolescenza che il tempo di gioco ha iniziato a crescere sempre di più, fino a quando si è ritrovato in una condizione di dipendenza irreversibile e i suoi genitori sono stati costretti a intervenire.
Adam ha continuato a giocare ai videogiochi anche dopo aver studiato informatica all'università, ma ben presto i suoi voti hanno iniziato a peggiorare, così come i suoi rapporti sociali. "Quando passi 16 ore a giocare ai videogiochi non ti occupi delle tue relazioni", ha detto. "Quando finalmente ho smesso, è diventato evidente che era diventato troppo doloroso sia per me che per gli altri". Adam ha trascorso così tanto tempo con mouse e tastiera da sviluppare una tendinite cronica al polso ed è stato costretto a rivolgersi a un medico. "Ancora oggi ne risento", ha detto. "A causa del mio infortunio, sono soggetto a infiammazioni dei tendini della mano destra".
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L'espulsione dall'università ha costituito l'apice dell'inversione di marcia, il cui il giovane ha trovato una soluzione che non prevedeva l'abbandono totale dei videogiochi, ai quali avrebbe dedicato un po' del suo tempo solo dopo aver completato tutti gli altri compiti della giornata. "Avevo convinto tutti che stavo andando bene, perché mi vergognavo molto del fatto di trovarmi in un periodo difficile", ha detto. "Dovevo trovare un modo per andare avanti o crollare dicendo a tutti che avessi mentito".
Adam ha scoperto che i genitori faticano a capire come i videogiochi moderni possano creare dipendenza, poiché la loro esperienza di crescita è stata molto diversa. "Ritengo che i genitori si sentano davvero frustrati", ha continuato. "In passato era davvero difficile che si creasse una dipendenza dai videogiochi, perché si poteva giocare solo fino a quando non diventavano noiosi. Con i giochi moderni, e soprattutto con alcuni generi, si può giocare all'infinito e non smettono di essere gratificanti". Questo tipo di giochi richiede in particolare un "enorme investimento di tempo", oltre che essere "tra i più coinvolgenti", secondo Adam.
Per aiutare dunque le famiglie a risolvere alcuni di questi problemi, ha creato il corso Tech Support, accessibile online, con il quale offre supporto ai genitori e ai loro figli per identificare le ragioni per cui giocano ai videogiochi e a stabilire dei limiti sani, da lui definiti "limiti senza discussioni". "Perché se iniziate a litigare, perdete entrambi", ha concluso.