Alcuni colossi dell'industria videoludica hanno risparmiato più di 100 milioni di sterline per creare i propri videogiochi
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Creare videogiochi è un processo lungo, faticoso ma soprattutto costoso. Lo sanno bene i piccoli team di sviluppo e i grossi colossi dell'industria, che ogni anno spendono milioni per dar vita a progetti sempre più ambiziosi e imponenti.
Per incentivare sviluppatori indipendenti e software house che non avevano ottenuto un finanziamento esterno a creare nuovi videogiochi nel Regno Unito, il governo britannico aveva stabilito nel 2014 la cosiddetta Video Games Tax Relief (VGTR), un'agevolazione fiscale che permetteva a piccole e medie aziende di risparmiare fino al 20% dei costi sostenuti in fase di sviluppo ottenendo un rimborso dallo Stato.
Una recente indagine condotta da The Guardian ha evidenziato come nonostante questa iniziativa, creata quando non si sospettava minimamente che si sarebbe arrivati a qualcosa come la Brexit, sia stata sfruttata principalmente dai grandi colossi dell'industria videoludica per ottenere vantaggi fiscali.
Secondo il report, circa il 50% delle agevolazioni sono state richieste (e ottenute) da aziende come Sony (30 milioni di sterline risparmiate), Warner Bros. (60 milioni di sterline) e Sega (quasi 20 milioni di sterline). Pur essendo una minoranza rispetto al numero di richieste ottenute da sviluppatori del Regno Unito, la somma dei rimborsi ottenuta dalle grandi aziende va a raggiungere l'80% del totale stanziato dal governo britannico grazie a questa iniziativa, con i piccoli sviluppatori che hanno ottenuto nel complesso solo 10 dei 324 milioni di sterline restituiti dal Regno Unito grazie alla VGTR.
Giochi del calibro di Batman: Arkham Knight e Marvel's Spider-Man sarebbero stati realizzati dalle rispettive aziende sfruttando illecitamente delle agevolzioni che prevedevano l'obbligo di concentrarsi solo su giochi legati alla cultura britannica.
Si lavora, dunque, per trovare un freno a questa tendenza: l'Agenzia delle Entrate del Regno Unito sta cercando di limitare l'uso degli incentivi fiscali obbligando chi richiede il rimborso a dimostrare che il prodotto valorizzino la cultura britannica in tutto e per tutto, anche per evitare di mettere a rischio più di 10mila posti di lavoro che sono nati proprio per la maggiore convenienza derivata dalla produzione di videogiochi nel Regno Unito.