Il dottor Huu Kim Le, che ha lottato con la dipendenza dai gaming per anni, ha condiviso alcuni suggerimenti per le famiglie preoccupate dall'uso smodato della tecnologia dei loro figli
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I videogiochi hanno dimostrato di possedere aspetti terapeutici e benefici per migliaia di giocatori, specie durante la pandemia da Covid-19. Ma nello stesso tempo, hanno svelato anche il loro lato oscuro nella dipendenza da gaming che purtroppo affligge maggiormente bambini e adolescenti. Esperti e ricercatori si sono messi così all’opera per capirne le cause e aiutare le persone che ne sono affette a recuperare una vita sana e regolare. Tra queste lo psichiatra infantile australiano Huu Kim Le, il quale ha deciso di condividere la sua esperienza da ex dipendente tramite una serie di consigli rivolti a genitori e figli.
Il Dr. Le ha raccontato in diversi podcast e interviste di essere stato dipendente da Pokémon GO per più di un anno. Come studente universitario, ha giocato ai videogiochi così tanto da avere le vertigini e vomitare. Esperto di dipendenza da internet e videogiochi, il medico ha ricordato il ruolo che questi hanno avuto nella sua infanzia e il cui impatto persiste ancora. Il Dr. Le è ospite di un nuovo documentario interattivo sull'aumento della dipendenza online in Australia e conosce bene il potere della tecnologia.
La sua esperienza personale gli ha dato modo di sondare a fondo i modi in cui i dispositivi digitali, dalle console agli smartphone, possono plasmare o plagiare le vulnerabilità psicologiche dei più giovani. Quando si tratta di forgiare un rapporto più sano con la tecnologia, Le crede che diventare consapevoli delle potenziali insidie sia un primo passo importante verso il recupero.
Il coronavirus ha costretto all’isolamento milioni di bambini in tutto il mondo, scambiando l'interazione fisica con l'apprendimento a distanza. Numerose ricerche condotte sin dal mese di marzo 2020 hanno svelato come le chiusure pandemiche abbiano creato un picco superiore al 100% nel tempo trascorso davanti a videogiochi, schermi di computer, app di comunicazione e social media come TikTok e Instagram.
Lo psichiatra australiano sostiene che i genitori preoccupati per l'uso della tecnologia da parte dei loro figli dovrebbero prima guardare alle proprie abitudini. Le, che ha trascorso del tempo lavorando in una clinica di neuro-dipendenza a Singapore, crede che per capire la relazione tra la dipendenza tecnologica e i giovani è necessario prenderne in considerazione l’intero contesto familiare.
"Bisogna considerare le dinamiche familiari, quello che succede a casa, la vita quotidiana, sociale e scolastica", dice. "Le persone che non hanno una vita familiare sicura sono più propense a fuggire nel mondo online dove si sentono protette. Capire l'impatto della dipendenza tecnologica sui giovani è più complicato delle generalizzazioni che dominano i titoli dei giornali”, sottolinea con fermezza. "Bisogna riflettere sul proprio ruolo di genitori ed educatori e capire come gestirlo in queste occasioni", ha ribadito.
"Altro consiglio utile sarebbe quello di essere consapevoli che questi dispositivi sono creati per generare dipendenza, davanti ai quali siamo tutti vulnerabili", prosegue. "Quando i giovani vengono in terapia da me, sono proprio i genitori a non voler ammettere di avere un problema. Comprendo appieno la sensazione che si prova a sentirsi gratificati dai videogiochi. Per cui i miei pazienti ascoltano davvero quello che ho loro da dire e mi danno la possibilità di aiutarli".
Il medico è ottimista riguardo all’idea per cui "abitudini migliori generano più consapevolezza e sicurezza", sottolineando che se il cambiamento parte proprio dagli utenti finali, anche le aziende che sviluppano videogiochi inizieranno a modificare il modo in cui i loro prodotti sono concepiti e la loro destinazione d’uso.