La ricerca ha rivelato che giocare ai videogame votati all'azione aiuta a normalizzare la percezione dei fonemi nei bambini con difficoltà di linguaggio
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Il gioco è ritenuto il primo fattore dello sviluppo psicomotorio dell'essere umano, ma non sempre i videogame vengono considerati alla stessa stregua, scatenando dibattiti che tendono a demonizzarne gli effetti. Uno studio tutto italiano ha dimostrato che giocare ai videogiochi d'azione, tuttavia, può risolvere le difficoltà nella percezione dei suoni del linguaggio, causa principale della dislessia evolutiva.
La ricerca è partita dall'analisi di precedenti studi, i quali avevano già rivelato come la velocità di lettura e le capacità attentive fossero migliorate nei bambini con dislessia in seguito a un trattamento riabilitativo incentrato sull'uso dei videogiochi.
La ricerca, intitolata "Phonemic Awareness in Pre-Readers at Risk for Developmental Dyslexia", ha radici tutte italiane: è stata condotta infatti da un team internazionale di ricercatori coordinati dalle Università di Bergamo, Padova e Pavia, la Sigmund Freud University di Milano, l'ASST di Valle Olona di Saronno, l'IRCCS "E. Medea" di Bosisio Parini e l'Université Paris Cité di Parigi. "Da queste premesse abbiamo ipotizzato che i videogiochi d'azione potessero migliorare anche la percezione dei fonemi", ha spiegato la Dott.ssa Sara Bertoni, del Dipartimento di Scienze Umane e Sociali dell'Università degli studi di Bergamo e prima autrice della ricerca.
Lo studio ha coinvolto circa 120 bambini dell'ultimo anno della scuola dell'infanzia, nei quali un sottogruppo presentava difficoltà nei pre-requisiti della letto-scrittura, quindi a rischio dislessia. Lo studio, articolatosi su venti sessioni di gioco con un videogame d'azione da 45 minuti ciascuna, ha dimostrato come i disturbi nella percezione dei fonemi siano andati migliorando rapidamente.
"Questi risultati, combinati al fatto che la memoria fonologica e la denominazione rapida non sono state modificate, rivoluzionano le attuali conoscenze condivise sulla dislessia come un puro deficit linguistico dell'emisfero sinistro, suggerendo il ruolo causale del controllo automatico dell'attenzione dell'emisfero destro nella percezione dei fonemi", ha spiegato il Prof. Andrea Facoetti del Dipartimento di Psicologia Generale dell'Università di Padova, docente a contratto presso la Sigmund Freud University di Milano e coordinatore della ricerca.
"Il miglioramento nella percezione dei fonemi era presente nella maggior parte dei bambini. Questi progressi risultavano più del doppio di quelli ottenuti dopo il trattamento linguistico tradizionale e perduravano a distanza di sei mesi dalla fine del trattamento", hanno affermato gli esperti. "Abbiamo inoltre dimostrato come un'esperienza divertente, che allena l'attenzione, migliori la velocità di elaborazione del linguaggio che è alla base delle future abilità di lettura".
Il team di scienziati spera dunque che tali risultati possano rivelarsi cruciali per la creazione di futuri programmi di prevenzione dei disturbi del neurosviluppo, come i disturbi dell'apprendimento, del linguaggio, della coordinazione motoria e dello spettro dell'autismo, ormai sempre più frequenti nella vita di tutti i giorni.