Il sequel del gioco d'azione in prima persona è finalmente realtà a oltre sette anni dall'uscita del primo episodio: pronti a immergervi nell'incubo di Villedor?
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Sono trascorsi diversi anni dall'uscita del primo capitolo di Dying Light, il videogame d'azione realizzato da Techland che, nel 2015, aveva conquistato il pubblico dei videogiocatori grazie a una formula convincente: un'avventura in prima persona capace di immergere il giocatore in un mondo post-apocalittico pieno zeppo di zombi, da esplorare un salto alla volta grazie al peculiare sistema di movimento e combattimento a base di parkour. Sette anni più tardi, quella stessa formula viene ampliata dallo studio polacco con Dying Light 2 Stay Human, seguito diretto disponibile su PC e console.
UN MONDO DEVASTATO - Ambientato a vent'anni dal finale del primo episodio, Dying Light 2 saluta il vecchio protagonista Kyle Crane per metterci nei panni del "pellegrino" Aiden Caldwell, recatosi nella città di Villedor per cercare sua sorella. Ultimo baluardo in un mondo decimato da migliaia di creature non-morte, Villedor è l'unica città in cui la razza umana continua a esistere e a opporsi all'oscurità dei cosiddetti Infetti.
Divisa in due macro-aree, l'ambientazione è sensibilmente più grande e variegata rispetto all'episodio originale: da una parte la zona più antica, in cui gli edifici sono meno elevati; dall'altra quella più moderna, caratterizzata da numerosi grattacieli. In entrambi i casi, la vita sembra essersi spostata verso l'alto, al riparo dagli zombi che, di giorno ma specialmente al calar delle tenebre, popolano le strade di quella che un tempo era una città popolata da milioni di persone.
Ancora una volta, sfruttando una visuale in soggettiva, il giocatore può esplorare la città contando su un sistema di movimento che premia l'abilità nei salti, nelle arrampicate e nelle decine di mosse tipiche del parkour, elemento principale del sistema di movimento di questo sequel: Aiden può saltare da un tetto all'altro, arrampicarsi su palazzi e grattacieli, sfruttare un rampino e persino un parapendio che - nelle fasi più avanzate dell'avventura - consente di esplorare Villedor da una prospettiva tutta nuova.
Mantenendo le basi del primo capitolo, Dying Light 2 espande considerevolmente il sistema di movimento e include decine, centinaia di animazioni contestuali all'azione che si sta effettuando, offrendo al giocatore l'opportunità di effettuare acrobazie di ogni genere una volta sbloccate varie abilità in uno dei due skill tree dedicati, il secondo dei quali riservato al sistema di combattimento.
E se nelle prime battute sembra che sia cambiato poco, in termini di movenze e di approccio ai combattimenti, man mano che si sbloccano nuove abilità e mosse esclusive in uno dei due set, si comprende come Techland abbia affinato ulteriormente uno degli elementi certamente più riusciti del primo capitolo. Esplorare la città di Villedor è divertente, specialmente perché ogni palazzo, ogni ostacolo, ogni appiglio può diventare un'opportunità tanto negli spostamenti quanto nei combattimenti, due elementi che lavorano più che mai in sinergia.
Come in passato, sbloccare queste abilità richiede non soltanto il completamento di missioni secondarie e principali, ma anche di continuare a eseguire determinate azioni, ancora e ancora: continuando a esplorare la città, a saltare qua e là, ad arrampicarsi, Aiden accumulerà esperienza preziosa con cui sbloccare un punto abilità e, di conseguenza, un nuovo talento. Allo stesso tempo, combattendo contro i nemici umani o le creature non-morte, l'esperienza si tramuterà in un punto da spendere per migliorare le sue abilità nel combat system.
È un piacevole circolo vizioso che spinge i giocatori a esplorare e combattere il più possibile, e per fortuna in tal senso le opportunità non mancano. Quello di Dying Light 2 Stay Human è un mondo che pullula di minacce, in cui sostanzialmente il giorno è ad appannaggio degli umani e la notte... beh, la notte era e resta il momento in cui gli infetti regnano incontrastati.
TENEBRE LETALI - Una delle caratteristiche più brillanti del primo episodio era proprio l'alternanza tra giorno e notte, che vedeva gli zombi diventare molto più pericolosi e aggressivi al calar del sole. Ebbene, pur mantenendo sostanzialmente la stessa idea di base, Techland ha preferito ridimensionare leggermente l'atmosfera spaventosa che si respirava nelle sequenze notturne dell'originale Dying Light, probabilmente perché deve essersi resa conto che in molti si limitavano a evitare le fasi di gioco in cui era necessario esplorare la città al chiaro di luna. Nonostante sia sempre impegnativo aggirarsi tra le strade di Villedor quando i raggi del sole non sono lì a baciare il corpo di Aiden, bisogna ammettere come la struttura della città e le nuove abilità del protagonista consentano un approccio molto meno frenetico e "drammatico" rispetto al passato.
Sì, ci sono sempre zombi più letali da evitare, su tutti gli Urlatori (in grado, con le loro urla, di dare il via a un vero e proprio inseguimento con quattro livelli d'allerta, in perfetto stile GTA), ma la situazione rispetto all'Harran del primo capitolo è molto meno problematica. Tra ripari dotati di luci UV e un level design che consente sostanzialmente di aggirarsi sui tetti senza particolari patemi, muovendosi con cautela da un edificio all'altro senza fare troppo rumore, è possibile sopravvivere alle notti di Villedor senza ingaggiare scontri furiosi con gli zombi che, al contrario, nel primo capitolo rendevano l'esperienza di gioco a tratti frustrante. Qualcuno apprezzerà meno il fatto che la notte, in Dying Light 2, sia meno spaventosa rispetto all'originale, mentre a qualcuno farà virtualmente molto più gola l'idea di potersi godere anche uno degli aspetti più riusciti del gioco senza morire ogni tre secondi.
Ciò non significa che la situazione sia necessariamente tranquilla, quando arriva la notte: Techland ha trovato un modo per mantenere il giocatore sulle spine aggiungendo nel mix la particolare evoluzione del virus alla base di questo sequel, che ha contagiato qualsiasi abitante di Villedor, Aiden incluso. Col rischio di trasformarsi in uno zombi da un momento all'altro, il protagonista è costretto a indossare una sorta di orologio/biomarker che gli consente di tenere d'occhio il tempo a disposizione prima che l'immunità al virus vada a farsi benedire, e sebbene sia possibile aumentare questo timer con alcune risorse (come dei "funghi allucinogeni") o scovando una serie di oggetti, nelle missioni più elaborate che si svolgono in notturna il rischio è di arrivare - prima o poi - a vedere il timer pericolosamente vicino allo zero.
La soluzione, in questo caso, è recarsi in una delle lampade UV sparse per la città per ripristinare il timer, ma non sarà sempre così semplice: quando ci si ritrova al buio l'infezione comincia a diffondersi, il tempo a disposizione cala a dir poco rapidamente, e il giocatore riesce a sperimentare sensazioni simili a quelle che si provavano nelle sezioni in notturna del primo capitolo.
Solo che qui, volendo, tali problemi si possono risolvere più facilmente sfruttando anche una conformazione della città che premia coloro in grado di sfruttare a dovere il level design, anche grazie all'opportunità di influenzare l'evoluzione della stessa Villedor con le scelte del giocatore. Già, perché se l'essenza del gameplay è più o meno la stessa di sempre, con esplorazione, combattimenti e la solita ricerca di risorse per costruire nuovi mezzi offensivi e difensivi tramite il crafting, il sistema di decisioni e conseguenze è una delle novità più grandi.
DECISIONI E CONSEGUENZE - Le scelte che Aiden prenderà lungo il cammino influenzano non soltanto gli eventi e la vita degli abitanti, ma anche l'aspetto della città, la presenza (o meno) di eventuali strutture che possono favorire l'esplorazione o i combattimenti, e in generale la crescita di una o l'altra fazione che tenta di controllare ciò che resta di Villedor.
Alcune missioni, infatti, dispongono di bivi a scelta multipla che portano a diramazioni del canovaccio, con Aiden che sarà spesso chiamato a una presa di posizione che potrebbe cambiare i volti dei personaggi con cui interagisce, l'esito di alcune storie e il potere delle forze in gioco. Trattandosi di una produzione che supporta il multiplayer cooperativo (con un massimo di altri tre giocatori), tali cambiamenti restano validi nella propria sessione di gioco e non vanno a influenzare le decisioni degli altri, qualora decidiate di avventurarvi nel sequel di Dying Light in compagnia di altri pellegrini.
Completando particolari attività, è possibile assegnare il "potere" a una delle due fazioni che si contendono il controllo di Villedor: assumendo la guida di stazioni idriche o centrali elettriche, infatti, Aiden può scegliere se affidare tali strutture ai Sopravvissuti o ai Pacificatori, in un minigioco che - se vogliamo - dona al titolo una profondità più simile al genere degli strategici.
La fazione scelta ottiene il controllo di una determinata area e, in cambio, dona ad Aiden alcune agevolazioni che possono facilitargli la vita, si tratti di trappole utili durante i combattimenti (Pacificatori) o le attrezzature per facilitare il parkour (Superstiti) e muoversi più rapidamente nella città. Questo sistema, chiamato City Alignment System, è solo uno dei modi in cui Dying Light 2 cerca di dare al giocatore la possibilità di influenzare, con le sue azioni, la vita in quel di Villedor, e giustificare eventualmente uno o più playthrough per vedere "tutto".
Sfortunatamente, però, il gioco di Techland deve fare i conti con una realizzazione tecnica alquanto problematica. Oltre a bug, glitch e altri difetti che testimoniano, probabilmente, l'esigenza di qualche altra settimana (se non addirittura mesi) di rifinitura, a non colpire particolarmente è un'intelligenza artificiale che sembra quasi aspettare con "educazione" il proprio turno prima di attaccare il giocatore, anche in caso di soverchiante superiorità numerica, e più in generale una realizzazione tecnica che sembra lontana di diverse lunghezze dai pesi massimi del settore, anche in termini di animazioni, regia e altri elementi che rendono l'opera di Techland un diamante grezzo che non brilla al suo massimo splendore.
Se è vero che, come ci insegna il supporto post-lancio al primo episodio, prima o poi la software house polacca riuscirà a metterci una pezza e a proporre un gioco tecnicamente più valido, ma da un titolo in sviluppo per sette anni e rinviato più volte, ci si poteva probabilmente aspettare un po' di più.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo giocato a Dying Light 2 principalmente su PC, completando la storia in circa trenta ore prima di raggiungere i titoli di coda, ma lasciandoci dietro numerose attività secondarie più o meno rilevanti che possono aumentare la longevità in modo esponenziale. Dopo aver provato la modalità cooperativa in occasione di un evento organizzato da Techland, ci siamo soffermati per qualche ora sulla versione console per PS5, riscontrando qualche differenza rispetto alla più performante edizione per computer, ma dovendoci arrendere in entrambi i casi a un numero di bug e glitch che potrebbe essere - per molti - davvero eccessivo.
Può piacere a chi…
… ha adorato la formula del primo episodio, tra combattimenti e parkour
… vuole provare il brivido di una fuga da orde di spaventose creature non-morte
… è stuzzicato dall'idea di influenzare la città e la storia con le sue decisioni
Potrebbe deludere chi…
… sperava in un cambiamento più netto nelle meccaniche di gameplay
… ha adorato l'idea di "notte da incubo" del primo episodio
… pretende la massima pulizia e rifinitura a livello tecnico in un videogioco
Dying Light 2 Stay Human è un gioco consigliato ai maggiori di 16 anni.