Torna l’acclamata serie di Dontnod Entertainment, con una nuova storia tutta da scoprire che non scansa gli argomenti scabrosi
di Luca Fabbri© ign
Nel 2015 Life is Strange è stato, a suo modo, una rivelazione. Partito tra gli scetticismi della critica, questa avventura grafica in salsa adolescenziale, puntata dopo puntata, è riuscita a farsi amare dal grande pubblico. Al netto della patina hipster al di sopra della soglia di sopportazione - ma quando mai una diciottenne da bici a scatto fisso come la protagonista ascolta José Gonzales e i Mogwai, al massimo Alessandra Amoroso - la produzione, nonostante gli evidenti limiti tecnici e di budget, si è distinta per la sceneggiatura d’autore, in grado di farsi dare del Lei persino dalle serie TV. Amicizia, depressione, insicurezza, routine, ma anche bullismo, solitudine, spensieratezza, morte, amore, noia, rancore, emarginazione: la prima “stagione” ha messo in scena, pur con qualche stereotipo di troppo, il mondo dei teenager, ma non solo.
Life is Strange ha rappresentato l’eterno ritorno delle piccole cose e la lentezza della vita di provincia, stravolgendone la quotidianità con squarci di paranormale e momenti di dramma sorprendentemente credibili. Roads, il primo episodio della seconda serie, racconta oggi una storia nuova di zecca, ma la formula di gioco resta pressoché invariata. E non a caso la prima canzone che sentirete sarà Lisztomania dei Phoenix: ovvero, una hipsterata pazzesca.
Dunque siamo a Seattle, il 28 ottobre 2018. Prima scena: la telecamera di servizio piazzata all’interno dell’abitacolo della volante riprende un poliziotto chiamato a intervenire in un quartiere residenziale. L’inquadratura è fissa sull’agente che, pistola in pugno, scende dalla vettura. Pochi istanti dopo una forza oscura scaraventa l’uomo a terra e rovescia il veicolo. Seconda scena, stesso giorno, ma qualche ora prima. Tornando da scuola Sean Eduardo Diaz, sedicenne di sangue messicano, confida alla migliore amica, Lyla, quanto gli piacerebbe andare in camporella con la biondina Jenn. Il problema è che la signorina quella sera sarà a una festa dove il nostro non ha alcuna intenzione di mettere piede. L’impicciona Lyla gli strappa allora il telefono dalle mani e manda parole alla melassa via WhatsApp alla diretta interessata. Sei incastrato cocco bello, se questa sera non ti presenti, rimedi una figura da cioccolataio. Amen.
A casa Sean è atteso dal padre, un meccanico con un cuore grande così e il sorriso sempre stampato sulle labbra, e dal fratello di nove anni, Daniel, che ha una voglia matta di Halloween per travestirsi da zombie. Della madre, invece neanche l’ombra. La famiglia di ispanici non naviga di certo nell’oro: il padre fatica ad arrivare a fine mese e Sean contribuisce al bilancio lavorando al drugstore dopo la scuola. Il tempo stringe, meglio preparare il minimo sindacale per sopravvivere a un party: nella lista della spesa non possono certo mancare alcolici, bong, patatine, schifezze varie e, volendo proprio essere ottimisti, preservativi.
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Peccato che a quella festa Sean non andrà mai. Senza svelare nulla vi anticipiamo che, pochi minuti dopo aver infilato l’occorrente nello zaino, una tragedia cambierà per sempre la vita dei due fratelli. I quali si ritroveranno, loro malgrado, a fuggire da Seattle in direzione sud, verso gli sterminati spazi dell’Oregon, soli, con una manciata di dollari in tasca, senza sapere dove andare, cosa fare e, soprattutto, di chi potersi fidare. Gli eventi li costringeranno a mettere in pratica un insegnamento che ognuno di noi conosce dall’infanzia: l’importanza di proteggersi l’un l’altro.
Comincia così il nuovo romanzo videoludico sviluppato dai francesi di Dontnod. Contrariamente a quanto sostenuto dalle prime critiche internazionali emerse in rete, riteniamo che questo episodio introduttivo superi di diverse lunghezze in qualità di scrittura l’incipit della tanto osannata prima stagione. Nonostante i protagonisti siano un adolescente e un bimbo con le labbra ancora sporche di latte, il taglio della narrazione qui appare nettamente più maturo e sembrano assenti certi passaggi a vuoto, certi infantilismi che affliggevano il predecessore. I bivi sono tanti e, proprio come nella vita, spesso non esistono scelte giuste e sbagliate. Il ritmo poi, a differenza di quanto abbiamo letto in giro, ci ha convinto senza riserve: ci sono momenti in cui la vita dei due ragazzi viene stravolta di colpo dalla furia del destino e, altri, invece, dove i fratelli parlano, ingannano il tempo con facezie, si prendono reciprocamente cura di loro oppure, semplicemente, tacciono. Riteniamo che proprio nei frangenti di introspezione Dontnod abbia dato il meglio di sé: questo prologo sarà ricordato per i lunghi silenzi in cui smarrirsi e per le fasi di costruzione del rapporto tra i due ragazzi o di esplorazione, scandite dalle sole corde di una chitarra acustica, come accade in un certo The Last of Us.
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Tecnicamente poi la produzione è migliorata tantissimo: esteticamente Life is Strange 2 sarà anche distante anni luce dalla resa grafica dei titoloni che macinano milioni di utili, ma la direzione artistica pastellosa, che riprende le fila della prima serie, riesce sempre a farsi apprezzare. I modelli poligonali sono ora meno squadrati e la quantità di dettagli a schermo, così come l’efficacia del sistema di illuminazione, è decisamente superiore. L’aspetto che semmai ci ha deluso è il conservatorismo, ai limiti del reazionario, dell’impianto di gioco: Sean e Daniel chiacchierano, prendono una decisione in luogo di un’altra, esplorano, ispezionano e utilizzano oggetti, leggono cartelli e documenti.
I muri invisibili abbondano, la direzione è quasi sempre una sola e si interagisce con l’ambiente solo nei casi stabiliti dagli autori. Stavolta manca il potere di riavvolgere il tempo e l’elemento sovrannaturale c’è, ma sarà sviluppato solo nelle puntate successive. Il punto è che in Roads, tirando le somme, si fanno pressoché le stesse identiche cose che nel primo Life is Strange. Sarebbe tuttavia avventato giudicare ora l’intera stagione: questo è un capitolo evidentemente interlocutorio, dove gli autori affrontano solo a volo d’uccello alcuni argomenti scabrosi - come l’abbandono minorile o il razzismo - e mettono in tavola tantissime carte, tenendole in buona parte (e giustamente) coperte. Resta il fatto che ai titoli di coda avremmo voluto andare avanti ancora e abbiamo sbuffato, sapendo che passeranno settimane prima che esca il secondo episodio. Non è forse questo il segno che Life is Strange ha colpito ancora?
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo provato Life is Strange 2 - Episodio 1 "Roads" grazie a un codice per il download fornito dal distributore. La prova è avvenuta collegando PS4 Pro a un televisore LG da 60 pollici in Ultra-HD 4K. Per portare a termine l’episodio servono dalle 3 alle 5 ore a seconda di quanto intendete prendervela comoda. In questo genere di giochi però il consiglio è di non correre. Non ha senso..
Può piacere a chi…
… adora le avventure incentrate su una sceneggiatura forte
… non disdegna affatto che un videogioco affronti tematiche scottanti come razzismo o bullismo
… ha amato alla follia la prima stagione
Potrebbe deludere chi…
… ha amato il primo Life is Strange al punto da volere un sequel con gli stessi personaggi
… si aspettava maggiore innovazione nelle meccaniche di gioco
… nei videogiochi vuole anzitutto essere libero di andare dove gli pare
Life is Strange 2 - Episodio 1 "Roads" è riservato al pubblico maggiorenne, ma per la delicatezza con cui sono trattati gli argomenti e la bellezza generale dell’opera, può essere giocato da ragazzi sotto la guida genitoriale.