Nove anni dopo il debutto su PlayStation 3, il cult realizzato dallo studio di Crash Bandicoot e Uncharted torna sulla nuova console di Sony per emozionare una nuova generazione di videogiocatori
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Nel giugno 2013, il team di Naughty Dog si accingeva a lanciare su PlayStation 3 un nuovo videogioco. In pochi, probabilmente, avrebbero immaginato che la "svolta postapocalittica" della software house californiana, reduce dal grande successo della trilogia di Uncharted, avrebbe rappresentato un momento così importante nel medium videoludico: arrivato sul mercato in chiusura di generazione quasi dieci anni fa, The Last of Us è rapidamente diventato uno dei videogame più importanti di sempre, influenzando in modo significativo il modo di raccontare una storia all'interno di un videogame.
Oggi, l'avventura di Joel ed Ellie torna in una nuova versione più moderna, non solo dal punto di vista tecnico ma anche in termini di meccaniche e accessibilità, in un'operazione che rappresenta il secondo tentativo da parte dello studio con sede a Santa Monica di raggiungere quella "visione originale" che Neil Druckmann e Bruce Straley, le figure di spicco dietro il progetto, avevano ideato per il nuovo franchise.
UN REMAKE "IBRIDO" - The Last of Us: Parte I è un remake dal sapore particolare, perché ripropone su PS5 la stessa storia, gli stessi personaggi e le stesse ambientazioni viste originariamente su PS3 nove anni prima, ma le ricostruisce dalle fondamenta in un modo che non era stato possibile, un anno dopo l'uscita dell'originale, nell'edizione rimasterizzata proposta sulla neonata PS4. Il rifacimento di nuova generazione a opera del team californiano, però, agisce in modo differente a seconda dell'elemento su cui decide d'intervenire, risultando al tempo stesso innovatore o fin troppo conservatore.
Da una parte, il gioco non si fa assolutamente problemi a dare un abbondante mano di vernice, cambiando totalmente l'aspetto grafico per sfruttare al meglio la potenza della nuova console di Sony; dall'altra, invece, cerca di non rivoluzionare la storia originale, non andando mai a rimodulare gli eventi o ritoccare il ritmo dell'avventura anche in quei frangenti in cui avrebbe avuto perfettamente senso adattare il contesto narrativo, dare una piccola sistemata alla cronologia degli avvenimenti e rendere l'epopea di Joel ed Ellie parte di un unico, grande viaggio. Una singola (e finalmente coesa) storia di dolore e speranza, di rinunce e conquiste.
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Da un lato, l'azienda statunitense non ci ha pensato due volte a rimuovere elementi di gameplay non più considerati contemporanei e a prendere in prestito soluzioni più moderne già sperimentate con successo in The Last of Us: Parte II, come il sistema di crafting o la rinnovata interfaccia utente; dall'altro, però, il primo atto della storia dei due protagonisti in quella che è una versione devastata dal virus Cordyceps del territorio nordamericano viene riproposto in questo remake senza grossi stravolgimenti anche in quelle fasi, come l'alternanza sempre uguale tra esplorazione e combattimenti, in cui avrebbe avuto probabilmente senso agire più nel profondo per rendere l'esperienza più vicina a quella del sequel.
È evidente, in tal senso, che The Last of Us: Parte I rappresenti per Sony e Naughty Dog un tentativo di far conoscere l'episodio originale a coloro che si fossero avvicinati alla saga solo con il sequel del 2020, un modo per far affezionare ancora di più una nuova generazione di giocatori a personaggi come Joel e Tess, Ellie e Riley in vista dell'espansione - già annunciata - verso altri settori dell'intrattenimento digitale, quando la storia di The Last of Us arriverà in TV con l'adattamento realizzato da Craig Mazin per conto di HBO. Nonostante ciò, avremmo preferito, probabilmente, che il DLC Left Behind dedicato al passato di Ellie fosse inserito in modo più coeso e armonioso all'interno della storyline principale.
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Giocare a questa versione di The Last of Us, insomma, potrebbe generare sensazioni differenti a seconda del proprio rapporto con il capitolo originale, evocando emozioni nuove o facendo riaffiorare vecchi ricordi a seconda che vi avviciniate a Parte I per la prima volta o abbiate già percorso il viaggio al fianco di Joel ed Ellie su PS3 o PS4. Di sicuro, nel secondo caso, rivivere l'avventura di The Last of Us: Parte I dopo aver portato a termine la storia del sequel aiuta di certo a comprendere i grandi passi in avanti compiuti nel sequel dallo studio, sia in termini di sceneggiatura che di approccio alle situazioni, nonché la capacità di rendere storia, esplorazione, sezioni furtive e sparatorie parte di un unico, grande flusso.
UNA NUOVA VESTE - Perché, dunque, The Last of Us: Parte I viene proposto da Sony a prezzo pieno, pur essendo sostanzialmente un gioco molto fedele all'originale? In realtà, al di là del target economico deciso dalla casa nipponica, il lavoro svolto dal team di Naughty Dog va ben oltre la semplice "lucidata" del comparto audiovisivo e si pone l'obiettivo di ricostruire i modelli dei personaggi per avvicinarsi all'eccezionale livello di dettaglio del secondo episodio. Si tratta di un'opera di ammodernamento che si apprezza maggiormente nei filmati, ma che contribuiscono a rendere anche le scene d'azione più coinvolgenti e più nette le emozioni dei personaggi, le sfaccettature dietro ogni conversazione o gesto.
Il tutto è ospitato all'interno di un mondo di gioco che, pur non raggiungendo la magnificenza del seguito, risulta ora più vivo e dettagliato, ed è in grado di restituire una percezione differente dell'avventura di Joel ed Ellie grazie a una ritrovata attenzione per i dettagli, nonché per via di una maggiore enfasi sulla narrazione ambientale, grazie a sforzi registici che testimoniano, per certi versi, la volontà da parte di Druckmann e soci di offrire un più ampio respiro a determinate scene e condizioni.
Nel farlo, tuttavia, il gioco perde probabilmente un po' di quelle atmosfere oscure, di quella patina claustrofobica e opprimente che caratterizzavano l'opera originale realizzata dallo studio, guadagnandone certamente in termini di definizione e portata di un mondo che, nella sua angosciante decadenza, risulta più bello che mai in questo remake per PS5. Le caratteristiche della nuova console di Sony permettono d'impreziosire quell'esperienza aggiungendo nuove sensazioni grazie al feedback aptico e ai grilletti adattivi di DualSense (implementati in modo simile, ma non identico, a quanto visto nel sequel), e rendono più fluida e veloce l'esperienza riducendo all'osso i tempi di caricamento grazie al solito SSD ultra-rapido della console.
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Giocare a The Last of Us: Parte I dopo nove anni dall'originale ha comunque senso, specialmente se ci si sofferma su dettagli come il crafting delle armi, che abbandona le schermate di un tempo per inserire gli stessi banchi di lavoro visti in Parte II (con tanto di animazioni per lo smontaggio e montaggio ogni arma), la gestione dei consumabili (ora meno rigida e più immediata, proprio come nel sequel) e l'interfaccia, che abbraccia uno stile più essenziale in linea con quello del secondo atto, il tutto all'insegna della massima coerenza.
Non aspettatevi, però, che l'intero set di novità visto nel sequel sia stato trasferito in questo remake, perché alcune novità avrebbero richiesto probabilmente uno stravolgimento più netto non in linea con i piani (e il budget) previsto dai vertici di Sony e Naughty Dog. Ciò non significa che lo studio californiano non abbia cercato di risolvere uno dei problemi che, nove anni dopo l'uscita su PS3, è invecchiato certamente peggio: l'intelligenza artificiale. The Last of Us: Parte I prende in prestito dal sequel qualche routine di attacco e difesa dei nemici, migliorando soprattutto gli scontri contro gli infetti, ma gli accorgimenti anche in questo caso sono stati limitati e risultano meno efficaci contro gli umani.
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Resta, dunque, qualche incertezza nei (tanti) scontri che si vivono durante l'avventura di Joel ed Ellie lungo il territorio statunitense, con una manciata di combattimenti che avrebbero potuto probabilmente essere rimossi dal team o, ancora, rimodulati in questo remake per offrire maggiore varietà.
È lecito credere che, anche in questo caso, Naughty Dog abbia preferito non agire troppo sulla natura di alcune sequenze di gioco per evitare di compiere uno sforzo maggiore rispetto ai mezzi effettivamente a disposizione, ma è certamente un peccato che, nel tentativo di creare un unico, grande gioco suddiviso in due atti, la software house e Sony non abbiano spinto per dar vita al "remake definitivo", un'esperienza capace di narrare la storia dell'originale The Last of Us grazie a una nuova veste estetica e un ecosistema di gioco identico, in tutto e per tutto, a quello del secondo capitolo.
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Se c'è una cosa che non delude, però, quella è l'attenzione da parte del team nei confronti dell'accessibilità: in questo remake, infatti, lo studio ha aggiunto un'incredibile varietà di opzioni per consentire a chiunque di vivere la storia di Joel ed Ellie e personalizzarne le modalità di fruizione. Dalla possibilità d'intervenire sulla difficoltà dei singoli elementi fino alla gestione del numero di risorse a disposizione lungo l'ambientazione, la nuova sezione studiata dal team di sviluppo consente di plasmare l'esperienza di The Last of Us: Parte I in modo minuzioso, attivando aiuti, migliorando la leggibilità dell'azione e abilitando determinati automatismi per permettere anche a giocatori affetti da disabilità di godersi il viaggio.
Un segnale importante che testimonia l'impegno di Naughty Dog (e, più in generale, degli studi first-party di Sony) nel garantire a chiunque di poter alimentare una grande passione come quella dei videogiochi.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo portato a termine la storia principale di The Last of Us: Parte I su PlayStation 5 grazie a un codice fornitoci dal distributore, affrontando la storia di Joel ed Ellie al livello di difficoltà Standard. Abbiamo poi investito un po' di tempo per (ri)vivere il passato di Ellie nel DLC Left Behind, ancora una volta accessibile dal menu e slegato dal contesto narrativo principale. Il gioco è completamente localizzato in italiano e include un buon doppiaggio in lingua italiana.
Può piacere a chi…
… ama le avventure dal taglio cinematografico
… adora le storie scritte bene e in grado di emozionare
… apprezza i giochi che alternano esplorazione e combattimenti
Potrebbe deludere chi…
… ha già giocato all'originale e sperava in qualche cambiamento nella storia
… si aspettava novità più sostanziali rispetto all'aggiornamento grafico
… non sopporta i giochi d'avventura in terza persona
The Last of Us: Parte I è un gioco consigliato a un pubblico maggiorenne.