La nuova avventura grafica dell’autore di Monkey Island è un gioiellino da non lasciarsi sfuggire
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Dopo aver creato alcune delle più belle avventure grafiche di sempre tra The Secret of Monkey Island, Maniac Mansion e Zak McKracken and the Alien Mindbenders, Ron Gilbert, coadiuvato da Gary Winnick (Day of the Tentacle), torna al suo primo amore videoludico con Thimbleweek Park, avventura grafica in pieno stile LucasArts che ci mette nei panni di due agenti federali alle prese con uno strambo omicidio da risolvere.
Inizi a giocare a Thimbleweed Park e, boom, ti ritrovi a inizi anni ’90, quando si passavano i pomeriggi al telefono con gli amici per capire come superare quell’enigma difficilissimo che Ron Gilbert e i compagni di LucasArts si erano inventati chissà come. Una sensazione che, per chi ha vissuto quegli anni meravigliosi, Thimbleweed Park ripropone come meglio non potevamo aspettarci. Non parliamo solo della grafica, che pare proprio uscita da un Day of the Tentacle solo un po’ meno fuori di testa, o dell’interfaccia con i verbi in basso a sinistra e l’inventario in basso a destra, ma anche di tutta l’atmosfera che dovrebbe sempre avere un’avventura grafica in stile Lucas e che Thimbleweed Park, tra mistero, comicità, omaggi e tante autocitazioni, sparge a piene mani.
Immaginatevi un miscuglio tra X-Files, un film demenziale dei fratelli Zucker, qualcosa di Twin Peaks virato al comico, certa cattiveria da cartoon TV (più Simpson che Griffin però) e molto altro. Ron Gilbert, aiutato in fase di scrittura da Gary Winnick (anche lui autore di Day of the Tentacle), ha composto un quadretto di provincia americana di sublime armonizzazione tra tutte queste aspirazioni letterarie, videoludiche, televisive e cinematografiche. E basterebbe il mini episodio della giovane Delores, super nerd che sogna di lavorare in una software house fittizia (che poi è la LucasArts dei bei tempi), per fare innamorare di Thimbleweed Park qualsiasi appassionato delle avventure grafiche. Che Thimbleweed Park sarebbe stata un’oasi di ricordi ed emozioni passate era quasi scontato visti i nomi coinvolti, ma Gilbert e compagni sono riusciti a realizzare un gioco non privo di difetti ma per lo più bellissimo.
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E ora veniamo a uno degli aspetti forse più attesi e importanti: la difficoltà. Giocare nel 2017 a un’avventura Lucas degli anni ’90 può rivelarsi un’esperienza molto frustrante e, se non ci credete, provate a riprendere in mano Maniac Mansion o Zak McKracken (ma anche la recente riedizione di Day of the Tentacle) e a finirli senza uno straccio di soluzione. Thimbleweed Park si pone in una perfetta via di mezzo tra la difficoltà spinta di questi classici e quella più abbordabile di tante avventure grafiche contemporanee, offrendo tra l’altro due livelli di difficoltà proprio per calibrare al meglio gli enigmi a seconda delle capacità del giocatore.
Naturalmente abbiamo scelto il livello più difficile e dobbiamo ammettere che fino al quarto capitolo sugli otto presenti ci aspettavamo qualcosa di più impegnativo. Le ultime parole famose, visto che dal quinto capitolo in poi le cose si fanno davvero impegnative e che, senza sbirciare due o tre volte la soluzione fornita dagli sviluppatori, non saremmo mai arrivati alla fine; o forse sì ma aggiungendo parecchio tempo in più alle 13 ore impiegate a terminare il tutto. L’unico scoglio davvero arduo da superare è la presenza dei diversi personaggi giocanti, che tende a complicare non poco le cose soprattutto quando dobbiamo passare da uno all’altro tentando di capire il momento giusto per farlo. Ne esce comunque un gran gioco, che pur soffrendo di qualche passaggio un po’ troppo insistito e di qualche elemento dell’interfaccia di gioco invecchiato male, è di fatto la miglior avventura grafica uscita sul mercato da parecchi anni a questa parte.
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La trama, con due agenti federali accorsi nella cittadina di Thimbleweed Park per indagare sulla misteriosa morte di un uomo non ancora identificato, è la classica scusa per imbastire un racconto imprevedibile e pieno zeppo di sorprese. Anche perché non si vestono i panni solo dei due agenti federali Angela e Antonio, ma anche di altri tre personaggi in appositi flashback fondamentali nello spezzare il ritmo di gioco e nel dargli più dinamicità. Un clown odioso e adoratore del turpiloquio, la già citata Delores e suo padre Franklin; il tutto per scoprire cosa si celi dietro quell’omicidio e perché Thimbleweed Park sembri quasi una città fantasma dopo che un incendio ha devastato la locale fabbrica di cuscini.
In termini di giocabilità, quello che è stato messo in piedi da Terrible Toybox (il team di Gilbert e Winnick) è quanto di più classico potessimo attenderci, nel bene e nel male. Tanta esplorazione, massima attenzione agli scenari per individuare tutti gli oggetti con cui interagire, dialoghi, inventari zeppi di roba ed enigmi di ogni genere. Oggetti da combinare o da scambiare tra i personaggi, una sezione labirintica e un’importanza centrale riservata ai dialoghi, ai quali fare grandissima attenzione. A tal proposito dobbiamo fare un plauso alla traduzione italiana dei testi (il doppiaggio è solo in inglese), anche perché certe espressioni e certe inflessioni linguistiche potevano rivelarsi un autentico incubo da rendere al meglio in italiano. Senza un lavoro così accorto, preciso e pieno di amore, Thimbleweed Park, almeno per noi italiani, non avrebbe avuto di certo lo stesso impatto.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo scaricato Thimbleweed Park da Steam grazie a un codice fornito dagli sviluppatori e abbiamo terminato il gioco in circa 13 ore scegliendo la modalità difficile (c’è però anche quella facile). Testi e sottotitoli sono tradotti interamente in italiano e il gioco, oltre che su PC, è disponibile anche su Xbox One, PlayStation 4, Switch, iOS e Android. La prova è stata effettuata su un PC con processore Intel Core i5 7600K, 16 GB di RAM, SSD da 512 GB e scheda grafica Nvidia GeForce GTX 1080Ti.
Può piacere a chi…
… ama le avventure grafiche in stile LucasArts
… non è spaventato da puzzle ed enigmi difficili
… adora i giochi con tanto humor
Potrebbe deludere chi…
… predilige giochi con tanto ritmo e molta azione
… si scoraggia alla prima difficoltà
… non ama particolarmente la grafica "pixellosa"
The Witcher 3 è un gioco consigliato ai maggiori di 16 anni.