Dopo 13 anni la saga criminale di Kazuma Kiryu si conclude con un ultimo ed esaltante mix di azione e combattimenti
© ign
Yakuza 6: The Song of Life è l’ultimo capitolo di Yakuza con protagonista l’iconico Kazuma Kiryu, anche se in occidente dobbiamo ancora vedere il remake di Yakuza 2 (già arrivato in Giappone a dicembre) e il prossimo capitolo della serie (Shin Ryu Ga Gotoku) con un nuovo protagonista, senza poi dimenticare lo spin-off Hokuto ga Gotoku con protagonista un certo Kenshiro. Come i suoi predecessori anche Yakuza 6, disponibile in esclusiva per PlayStation 4 dal 17 aprile, ha una grande storia da raccontare e lo fa concentrandosi sul rapporto tra Kiryu e la “nipote” Haruka, che dopo una carriera come teen-idol decide di tornare al vecchio orfanotrofio dove è cresciuta.
Passano intanto gli anni e Kiryu, appena uscito di prigione, si ritrova con nuovi problemi da risolvere tra il figlio ancora in fasce di Haruka, nel frattempo finita in coma dopo un grave incidente (e chi sarà mai il padre?), e una nuova guerra tra bande di criminali, che questa volta sposta l’azione anche nella città di Hiroshima, oltre al ben noto distretto di Kamurocho che i fan delle serie conoscono ormai alla perfezione.
Yakuza 6: The Song of Life, doppiato interamente e sottotitolato solo in inglese (ancora niente italiano purtroppo), ha una trama tra le più belle dell’intera saga e non solo per questo inaspettato risvolto “genitoriale” di Kiryu, ma anche perché, a differenza di altri episodi del passato, non ci si perde tra diverse linee narrative con molteplici protagonisti e si rimane fermi alla sola esperienza con Kiryu. C’è poi un mix di tristezza, malinconia, violenza, dramma, commedia, demenzialità e trovate surreali che pare uscito da uno dei tanti capolavori di Takeshi Kitano (qui, non a caso, presente in versione motion-capture).
Impossibile annoiarsi anche solo un minuto visti i cambiamenti di tono, certe missioni secondarie fuori di testa, le continue sorprese e il solito e altissimo livello di scrittura (ma mettiamoci anche un doppiaggio giapponese come al solito stellare). L’unico difetto se così si può definire è l’assenza di molti volti noti della saga tra Saejima, Daigo e Majima, sebbene altri personaggi come Akiyama tornino e siano affiancati da diversi volti nuovi più o meno riusciti e carismatici.
Il gioco ha poi molto da dire anche a livello di gameplay. Non tanto come struttura, che rimane esattamente la stessa di sempre affidata a un mix di mini-giochi, esplorazione e combattimenti, quanto per alcune novità di peso come i combattimenti istantanei e una modalità in stile RTS (strategico in tempo reale) dove si deve reclutare un piccolo esercito di alleati e combattere contro altrettanti nemici. Gli stessi mini-giochi vedono qualche abbandono (bowling, biliardo), alcune novità (gli esercizi in palestra per guadagnare punti esperienza) e classici come freccette, karaoke, baseball, mahjong, oltre alle edizioni complete di giochi del passato come Virtua Fighter e altri da giocare nelle sale arcade.
Il sistema di combattimento (vero osservato speciale del gioco) è stato rivisto profondamente rispetto ai capitoli precedenti della serie. Si è infatti optato per una certa semplificazione del tutto, che se da un lato si affida ancora a combo ed attacchi speciali (i cosiddetti Heat Moves per fare molti danni), dall’altro offre meno combo e meno attacchi speciali rispetto al passato (per non parlare dei vari stili di combattimento) e l’aver dato maggior importanza agli oggetti-armi che si trovano per strada rende gli scontri un po’ più semplici rispetto a prima.
Il sistema di crescita di Kiryu è affidato a cinque categorie che si potenziano grazie ai combattimenti, ai mini-giochi, alle quest secondarie e ad altre azioni (mangiare, sbloccare obiettivi e così via). I punti guadagnati vanno poi spesi nelle mosse e nel miglioramento degli attributi fisici come forza, salute e difesa proprio come in un classico Gioco di Ruolo.
A livello di longevità si parla di almeno 30-40 ore come da tradizione per la serie, ma anche sul versante tecnico Yakuza 6 ha parecchio da dire. Che sia l’episodio graficamente migliore della saga non è un mistero e i miglioramenti principali si notano sia nel sistema di illuminazione, sia nel rendering dei personaggi e nelle scene di intermezzo, con primi piani di grande effetto sui volti dei personaggi, strade molto più dettagliate e vive rispetto al passato e animazioni più curate (ma non ancora perfette). Su PlayStation 4 Pro non si notano particolari rallentamenti e il gioco è sufficientemente fluido con i suoi 30 fotogrammi al secondo mantenuti quasi sempre fissi.
Come lo abbiamo giocato
Abbiamo giocato a Yakuza 6: The Song of Life su una PlayStation 4 Pro collegata a un TV 4K-HDR Samsung KS7000 da 55’’, portandolo a termine in circa 50 ore senza però aver completato tutte le missioni proposte dal gioco.
Può piacere a chi…
… non vede l’ora di scoprire il destino di Kazuma Kiryu
… predilige giochi longevi e ricchi di cose da fare
… piacciono le trame appassionanti e l’ambientazione giapponese
Potrebbe deludere chi…
… sperava in un sistema di combattimento più complesso
… fatica con l’inglese (c’è davvero tanto da leggere)
… si aspettava di rivedere molti volti noti della serie
Yakuza 6: The Song of Life è un gioco consigliato ai maggiori di 18 anni.