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Charrua Soccer, il videogioco di calcio per chi odia i giochi di calcio

Giocando al nuovo videogame per iPhone ho scoperto che nel calcio non si può entrare in scivolata da dietro sulle caviglie

di Paolo Paglianti
17 Feb 2020 - 16:35
 © IGN

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Il mio rapporto con i giochi di calcio si potrebbe riassumere nello pseudo adagio catulliano “odio e odio”. Sebbene io videogiochi e scriva di videogiochi da ben prima della caduta del Muro di Berlino e dell’arrivo di Internet, i soccer game non mi sono mai piaciuti. Non che sia una sorpresa, essendo uno dei sette maschi italiani che non seguono il calcio e che sanno chi sta vincendo il Campionato solo perché i colleghi passano le pause caffè a parlare ossessivamente dei falli della Juve o delle spese folli dell’Inter. 

Così, sebbene chi vi scrive sia stato in passato caporedattore della rivista di videogiochi più venduta in Italia quando esistevano ancore le riviste cartacee, i giochi di calcio li ho sempre tenuti abbastanza lontani dai miei hard disk. Ci ho provato, eh: a ogni capitolo di FIFA o PES ho tentato di appassionarmi, ma le mie partite digitali erano l’equivalente video ludico della pasta scotta dei concorrenti scartati al primo giro delle eliminazioni di Master Chef.

Un pallido successo c’è stato quando qualche anno fa FIFA ha introdotto il calcio femminile, e ho provato a giocarci in co-op con mia figlia maggiore – in Casa Paglianti il co-op videogiocoso è una disciplina olimpica e un obbligo scolastico – ma quando alla seconda partita l’erede Paglianti mi trollava perché non riuscivo a passare la palla senza mandarla fuori campo o tra le gambe degli avversari, ho capito che c’è proprio una barriera psicologica tra me e i giochi di calcio.

Beh, Charrua Soccer è riuscita a sfondarla, questa barriera. Ho provato a giocarci già con un dito su “disinstalla da questo iPhone”, ma la prima partita è stata inaspettatamente divertente. Colto da un orgoglio nazional-popolare e ricordandomi i bagordi di Italia 1982, ho preso il controllo della Nazionale tricolore e mi son messo a giocare una amichevole contro la Francia.

I giocatori hanno nomi di fantasia, non essendoci neanche un’ombra di licenze ufficiali, ma il mio amico Lorenzo, punta d’attacco destra (si chiama così?) è riuscito a tirare in porta almeno cinque volte nei cinque minuti di gara – in Charrua il tempo scorre molto più velocemente e una partita dura da 1 a 10 minuti. È finita 0-1 per i mangiarane, ma c’era una certa soddisfazione nell’aver difeso la dignità italica e non aver fatto la solita figura da cugino scemo di un terrapiattista quando gioco a calcio simulato. 

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Seconda partita, Italia – Portogallo. Dei vaghi ricordi di chiacchiere tra colleghi avevano lasciato nella parte retti liana del mio cervello la nozione che il Portogallo nel calcio non è da prendere sottogamba, e quindi ho cercato di puntare al pareggio (lo so, nel frattempo cercando su Internet ho scoperto che un certo allenatore di nome Herrera mi ha copiato questa tattica battezzandola “catenaccio”, se ho capito bene).

E infatti, nonostante il mio difensore preferito Giorgio sia entrato da dietro su un portoghese provocando danni ingenti ai suoi arti inferiori e finendo espulso con un cartellino rosso che farà discutere sul prossimo numero della Gazzetta, sono riuscito a rimanere su un più che dignitoso 0-0. Dovete immaginarvi la faccia di mia moglie quando le ho raccontato dell’impresa di Italia-Portogallo, e ha commentato “ora oltre a Star Wars, Il Signore degli Anelli, Game of Thrones, Star Trek, i videogame e  Warhammer ci dobbiamo beccare anche le partite di calcio?”. L’ho rassicurata sul fatto che stessi parlando di un videogioco mentre stava già preparandomi le valige. 

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Esaltato dal risultato, mi sono lanciato in un Campionato: c’è la Lega Charrua e l’omonimo Campionato (roba uruguayana come il developer di questo videogame), qualche coppa femminile con cui prima o poi sfiderò la #figliapaglianti, la Coppa del Mondo del 1930, quella Americana e il Campionato Europeo. Ovviamente ho scelto quest’ultimo, dove almeno riconosco le bandiere delle squadre senza dover ricorrere a Wikipedia, e al primo tentativo sono arrivato secondo nel girone, vincendo persino una partita. 

Questo perché Churrua Soccer è un gioco facile da comprendere, non facile da giocare: hai due controlli, e con quello di sinistra muovi il calciatore come in Geometry Wars. A destra, hai due pulsanti: se hai la palla, sono “tiro” e “passaggio” – che io tradurrei in “tira forte come Holly e Benji” e “tirala un po’ più piano verso un altro tuo collega”. Se non hai la palla, hai “cambia giocatore” e “tackle”, che ho capito significhi “mira alle gambe dell’avversario, proprio perché non hai una railgun per fare prima”.

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Tutto qua: non ci sono le combinazioni di mezzelune e ventiquattro tasti di FIFA e PES che manco ai tempi di Street Fighter al bar. Devi mandare il tuo giocatore più vicino verso l’avversario con la palla, e cercare di soffiargliela semplicemente passandogli vicino. Chi ha la palla va un po’ più piano, quindi o si arrende all’inevitabile conclusione di perdita palla, oppure la passa.

Quando hai la palla, devi correre verso la porta avversaria e cercare di tirarla in porta: se la “tiri” semplicemente, il portiere te la ferma quasi sempre, il trucco è caricare per qualche decimo di secondo il tiro per renderla un pelo più instoppabile. 

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Dopo il secondo Campionato, e alla decima partita, ho capito che c’è molto di più sotto l’apparenza di gioco “semplice” e vecchio stile. I giocatori sul campo si muovono con una loro logica, seguendo lo schieramento selezionato dal team: così ho capito sul campo, è il caso di dirlo, che l’Irlanda del Nord è bella tosta e non te ne perdona una, mentre l’Austria tutto sommato è più gestibile e deve temere i contrasti con i giocatori tricolori.

Ho anche afferrato il concetto che quando passo la palla non basta premere il tastino virtuale, ma è meglio buttare un occhio sul radar e vedere se “da quella parte” c’è il centrocampo Giulio a prendere la palla. Son soddisfazioni, mi son sentito un po’ come quando al liceo ho capito le percentuali, e per un pomeriggio son riuscito a trovare il 34% di 712 a mente.

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Certo, Churrua Soccer è un gioco con evidenti limiti se arrivate da FIFA e PES. O almeno, me lo immagino: come abbiamo detto, non c’è uno straccio di licenza, e i giocatori – molto “carini e cucciolosi” nella loro grafica deliziosamente retrò – assomigliano a esseri umani solo con un notevole sforzo di immaginazione. Giulio per esempio lo riconosco perché ha la capigliatura abbondante, ma per il resto i miei amici del Team ItaliaPaglianti son tutti uguali gemelli digitali.

C’è anche un bug abbastanza noioso per cui a ogni gol appare l’achievement “primo gol”, ma speriamo lo correggano presto, e non sembra esistere il fuorigioco – cosa che per me è un vantaggio, visto che siamo al trentesimo capitolo di FIFA ma non ho capito benissimo come funziona.

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Il controllo touch funziona molto bene, e questo fa piacere: sono un nerd geek perso dai tempi dell’Atari 800 e del Commodore 64, ma ho ancora una mia dignità e non sono pronto all’idea di sedermi in metrò con un accrocchio per giocare con l’iPhone usando il joypad dell’Xbox. Churrua Soccer offre appunto partite molto rapide e gustose, ma c’è bisogno di entrambe le mani quindi occhio alle frenate su treni, tram e metrò. 

Spesso, dopo aver completato la recensione di un gioco mobile, lo cancello dalla cartella “videogame da provare, sbrigati sennò il direttore di Tgcom24 viene a casa a prenderti a bastonate per i ritardi”. Credo invece che Churrua Soccer rimarrà lì, almeno finché non conquisterò la Coppa del Mondo (o come si chiama nel gioco) e il cielo sarà azzurro sopra l’iPhone di Paglianti. 

Churrua Soccer è disponibile su iPhone e iPad nel programma Arcade di Apple, che propone un abbonamento flat per giocare a un centinaio abbondante di videogiochi selezionati dal team di Apple. Noi l'abbiamo provato su iPhone 11.

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