Grazie a film come "Knives Out" o alla trilogia di Kenneth Branagh dedicata a Poirot, i gialli sono tornati di gran moda. Nei videogiochi, però, la passione per l’indagine non è mai venuta meno
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In casa Cortocirtuiti Pop è tempo di gialli. Negli ultimi tempi al cinema sono tornati di moda opere à la Agatha Christie: dai due "Knives Out", in cui Daniel Craig veste i panni del detective Benoit Blanc, al ciclo dedicato alle indagini di Hercule Poirot a cura di Kenneth Branagh (il cui terzo capitolo, "Assassinio a Venezia", sbarcherà domani nelle sale). Senza contare "Omicidio nel West End", nel quale la scrittrice fa una capatina grazie all’interpretazione di Shirley Henderson.
Si tratta di un ritorno di fiamma rivolto verso il passato non solo letterario, ma anche cinematografico del genere, laddove le pellicole in questione ripropongono quel gusto per lo "star power" che negli anni Settanta contribuì al successo di film come "Assassinio sull'Orient Express" (diretto da Sidney Lumet) o "Assassinio sul Nilo" (diretto da John Guillermin).
In entrambi i casi, così come nelle suddette opere di Branagh e Rian Johnson, la scelta di affidare a un cast composto quasi completamente da celebrità e facce note ha una duplice funzione: in primis attirare il pubblico in sala, secondariamente per questioni più tecniche, diciamo. Spesso, infatti, i gialli sono pieni zeppi di personaggi, e avere sulla scena degli attori riconoscibili aiuta il pubblico a entrare in confidenza con le varie pedine, digerendo di più l’andamento dell’indagine.
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E per quanto riguarda i videogiochi? Beh, da quelle parti i meccanismi investigativi non sono mai passati di moda e hanno spesso contribuito direttamente alla costruzione del linguaggio videoludico, permettendo ai game designer di pasticciare con gli elementi narrativi.
Partendo dall'era del "retrogaming", già nelle prime avventure testuali degli anni Settanta come Colossal Cave Adventure o Zork erano presenti enigmi e sfide basate sull’associazione d’idee, per quanto, spesso, lì i riferimenti partissero dai giochi di ruolo, mentre buona parte della difficoltà consisteva nell’azzeccare la riga di comando corretta per mandare avanti la storia. Detto ciò, sarebbe ingiusto non citare Mystery House (1980), creato dai coniugi Roberta e Ken Williams, che pur senza rientrare pienamente nel genere - il gioco non ricorre esclusivamente a elementi di testo - propone un delitto da risolvere ispirato a "Dieci piccoli indiani".
Le cose si sono fatte più interessanti con l’avvento delle avventure grafiche propriamente dette, categoria dove l’utente è tipicamente chiamato a sbrogliare una storia risolvendo enigmi, interpretando il contesto e dialogando con i vari personaggi. Qui la struttura da romanzo giallo era spesso dominante persino se celata da contesti fantascientifici, pirateschi o umoristici, tuttavia nel corso dei cosiddetti anni d’oro del genere (Ottanta e primi Novanta) non sono mancati esempi più espliciti come The Colonel's Bequest, pubblicato da Sierra On-Line nel 1989 originariamente in versione MS-DOS, e sviluppato ancora una volta da Roberta Williams, o Cruise for a Corpse, di Delphine Software International, uscito su Amiga, Atari ST e MS-DOS nel 1990.
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In entrambi i casi, soprattutto nel secondo, sono presenti molti stilemi tipici di Agatha Christie come delitti, indagini, investigatori più o meno famosi, ma soprattutto ambientazioni chiuse e inespugnabili: da una parte la villa del colonnello eponimo, dall’altra una nave da crociera, senza contare che il protagonista di Cruise for a Corpse, l’ispettore Raoul Dusentier, ricorda moltissimo un certo Hercule Poirot. Andando avanti di qualche anno, nel 1997 Broderbund pubblica su PC The Last Express, avventura creata da Jordan Mechner - già "papà" di Prince of Persia - e ambientata sull’Orient Express; stavolta l’indagine si svolge in prima persona e, soprattutto, tiene conto diegeticamente dello scorrere del tempo: trovata, quest’ultima, già presente nel gioco di Delphine Software, ma non gestita con altrettanta efficienza.
Questi appena citati rappresentano solo la punta dell’iceberg, e volendo la lista potrebbe allungarsi parecchio prendendo in considerazione il mercato giapponese che, nel corso degli anni, ha regalato agli appassionati serie come Professor Layton o Ace Attorney, nonché quella piccola perla di Ghost Trick: Detective fantasma, uscita nel 2010 su Nintendo DS, ma riproposta lo scorso giugno in versione rimasterizzata per PC e console dell’attuale generazione.
Riguardo al discorso generale, invece, basti pensare che la struttura delle avventure grafiche - enigmi alternati a sequenze di stampo cinematografico, necessarie per mandare avanti la trama e gratificare i giocatori - è sopravvissuta negli anni, "esplodendo" fino a infilarsi, pur semplificata, in contesti anche molto diversi da quello di partenza tipo survival horror, stealth, e persino action come i vari Bayonetta, God of War e Uncharted. Rappresentando di fatto, per molti autori, l’unica opportunità per maneggiare ritmo e narrazione.
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Nel frattempo una nuova generazione di game designer stava cominciando a esplorare nella direzione opposta, spogliando le prassi avventurose di tutti gli enigmi e relativa difficoltà, in modo da lavorare esclusivamente sulla narrazione; parliamo di scelte probabilmente inaccettabili tra gli anni Ottanta e Novanta, quando il settore, anche per questioni legate ai modelli di business, non poteva prescindere dalla sfida.
Così, anche grazie agli esperimenti praticati da David Cage (Fahrenheit, Heavy Rain), negli ultimi quindici anni è spuntato un nuovo genere noto come interactive drama o walking simulator, a seconda delle simpatie, dove spesso l’unica abilità richiesta al giocatore consiste nel seguire una storia eventualmente ricomponendone i pezzi, ma senza troppi sforzi. Spesso si tratta di esperienze brevi, a volte anche molto brevi, consumabili nel giro di una sola serata, il che le rende particolarmente adatte per un pubblico adulto o casual, poco incline a dedicare sessanta e passa ore a un singolo gioco.
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Anche qui ovviamente non mancano le indagini da sbrigare, seppure spesso declinate in chiave più matura e filosofica, o mescolate a elementi horror: basti pensare ai pur atipici Gone Home (sviluppato da Fullbright), Virginia (Variable State, già citato nello scorso numero della rubrica Cortocircuiti Pop), The Vanishing of Ethan Carter (The Astronauts) e What Remains of Edith Finch (Giant Sparrow).
Detto questo, forse le due esperienze più adatte per chiudere il discorso attorno ai gialli non appartengono agli interactive drama, ma nascondo da alcune tra le tante avanguardie che negli ultimi anni, anche grazie all’esplosione del segmento indie, stanno vivacizzando il settore.
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Da una parte abbiamo Her Story di Sam Barlow, uscito in versione PC nel 2015, in cui il giocatore è chiamato a districare una trama non lineare esposta attraverso le registrazioni di diversi interrogatori, cercando di risolvere il mistero attorno a una persona scomparsa; dall’altra troviamo invece Among Us di Innersloth, citato anche in "Glass Onion - Knives Out", esperienza multiplayer dove gli utenti devono identificare alcuni "impostori" selezionati casualmente.
Si tratta di due giochi molto diversi tra loro per taglio, contesto e meccaniche, che tuttavia mettono indagine e deduzione al primo posto: per gli aspiranti detective in ascolto, non c’è niente di meglio.