Quando Capcom scatenò il suo trio di picchiatori e diede una scossa al mercato dei videogiochi in tutto il mondo
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Chi è cresciuto coi videogame degli anni ‘90 avrà quasi sicuramente avuto a che fare coi cosiddetti “picchiaduro a scorrimento”, quelli cioè in cui con i nostri personaggio passeggiamo in scenari pieni di persone ansiose di pestarci, possibilmente massacrandole di botte senza farsi stendere. Un genere reso tanto popolare dal violento Double Dragon di Technos (1987, davvero un punto di svolta) e successivamente sviluppato alla grande soprattutto da un importantissimo produttore giapponese: Capcom.
La mamma di Street Fighter e Ghosts’n Goblins ha infatti sfornato nel tempo alcuni tra i migliori esponenti del genere, fra i quali Cadillac & Dinosaurs e l’apprezzatissima coppia di giochi arcade basati su Dungeons & Dragons. Ad aprire le danze in casa Capcom è stato però un gioco preciso che è riuscito a imporsi come un pilastro dei picchiaduro a scorrimento, ovvero Final Fight.
A partire dalla possibilità di scegliere chi impersonare tra tre diversi personaggi - che una volta tanto non si differenziano solo per l’aspetto fisico - per arrivare alla massiccia grafica con enormi personaggi su schermo, Final Fight nel 1989 riesce a dare un forte scossone alle sale giochi di tutto mondo.
IL BUONO, IL GROSSO E IL CATTIVO - La trama del gioco è quanto di più banale possiamo incontrare: c’è la solita ragazza che viene rapita e il gruppo di eroi che parte per salvarla (stavolta composto da padre, fidanzato e amico del fidanzato). Il piano per trarre in salvo la pulzella è molto semplice: andare a piedi nel quartiere malfamato in cui opera la gang dei rapitori e iniziare a tirare ceffoni a destra e a manca (ve l’ho detto che era banale, no?).
Ciò che rende così bello Final Fight è innanzitutto il modo in cui i nostri maneschi eroi picchiano i malcapitati avversari: tra “combo”, prese e mosse speciali c’è davvero una varietà di approcci che all’epoca risultava fresca e che per alcuni aspetti - come le super-mosse che consumano energia vitale - diventeranno di lì a poco veri e propri standard per questo tipo di videogiochi. Inoltre se i due Cody e Guy (si, si chiama “Tizio”) risultano essere i classici esperti di arti marziali tutti calci e pugni, il possente papino Haggar è invece un ex-wrestler capace di afferrare gli avversari e portarseli in giro per il livello, schiantandoli poi a terra con apposite e spettacolari mosse: una cosa che nel 1989 non si vedeva spesso in sala giochi.
DALLE SALE GIOCHI ALL'OBLIO - Final Fight è anche un gioco largamente approcciabile e “onesto”, specialmente se giocato in coppia con un amico: il tasso di difficoltà è elevato ma comunque mai iniquo e con un po’ di pratica è effettivamente possibile arrivare alla fine con una singola partita, senza usufruire dei “continue”. A condire il tutto troviamo inoltre una grafica impressionante per l’epoca e basata su una palette di colori assolutamente caratteristica, nonché una colonna sonora meno “schitarrosa” rispetto a quella di Double Dragon ma non meno incisiva.
Oltre all’enorme successo in sala giochi, Final Fight ha una lunga vita su console, venendo ad esempio scelto da Capcom come gioco di lancio per il Super Nintendo e andando inoltre a impreziosire la snella lineup del Mega CD per Mega Drive (mentre è meglio non citare le deludenti versioni per i vari personal computer). Sempre su SNES arriva in esclusiva Final Fight 2, un seguito decisamente deludente che non riesce a evolvere bene la formula del gioco originale.
Da allora arrivano alcuni nuovi capitoli che è meglio dimenticare come il ridondante Final Fight 3 (sempre esclusivo al Super Nintendo), il pessimo Final Fight Revenge (2000, per sale giochi e Sega Saturn) e il trascurabile Final Fight: Streetwise del 2006 per PlayStation 2 e Xbox, ultimo episodio della saga finora pubblicato. I singoli personaggi hanno maggior fortuna: Haggar trova spazio nei bei giochi di wrestling della serie Saturday Night Slam Masters e partecipa anche al caotico Marvel VS Capcom 3 mentre Guy, Cody e alcuni “cattivi” come Rolento, Poison e Sodom diventano lottatori più o meno regolari in alcuni capitoli di Street Fighter a partire da Street Fighter Alpha del 1995.
Considerando che solo qualche settimana fa SEGA è riuscita a resuscitare con successo la sua bella saga di Streets of Rage col bel quarto capitolo non resta che sperare che Capcom faccia prima o poi lo stesso con Final Fight, regalandoci così il seguito di qualità che in effetti non abbiamo mai avuto.