Quando Technos cambiò le carte in tavola per i giochi di combattimento stradale
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Qui su Mastergame ci è già capitato di ricordare uno dei giochi di combattimento che a fine anni ‘80 rivoluzionò il genere nelle sale giochi (e non solo), ovvero Final Fight. Ora è il momento di riportare sotto i riflettori un suo illustre predecessore targato Techos, ovvero Double Dragon, davvero un punto di svolta nel mondo dei "giochi di botte".
Uscito in Giappone nel 1987 e rapidamente diffuso in occidente grazie a un importante accordo di distribuzione con Taito (quella di Bubble Bobble), questo gioco racconta la manesca odissea dei fratelli Billy e Jimmy Lee, impegnati a salvare la loro bella amica Marian (nonché ragazza di Billy) dalle grinfie della pericolosa gang newyorchese dei Black Warriors, capitanata dal letale Willy.
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Scopo dei giocatori (uno o due, grazie alla gradita modalità co-op) è aprirsi la strada a suon di calci e pugni attraverso i quattro livelli che compongono l’avventura, ognuno dei quali controllato da pericolosi "boss". A disposizione dei giocatori c’è un sistema di controllo insolitamente complesso che coinvolge un joystick e ben tre pulsanti - una soluzione atipica negli anni ‘80): due usati per colpire rispettivamente con pugni e calci e un terzo utilizzato per saltare.
Evolvendo il gameplay già collaudato nel precedente Renegade di Technos (noto in Giappone come Nekketsu Kōha Kunio-kun), il team di sviluppo capitanato da Yoshihisa Kishimoto ha dato vita a un set di mosse decisamente rivoluzionario per quegli anni: in Double Dragon infatti non è solo possibile colpire i nemici con pugni e calci ma anche effettuare sequenze di colpi, afferrare gli avversari per lanciarli via o mettere in scena mosse avanzate come calci volanti e gomitate tramite specifiche combinazioni di movimenti e pulsanti.
Non solo: negli scontri con gli scagnozzi che incontriamo nei vari livelli, capita infatti di poter mettere mano ad armi - nel caso specifico, mazze e fruste - da sottrarre ai nemici e usare a nostro vantaggio, senza contare la possibilità di raccogliere e lanciare barili. Insomma, una gamma di possibilità inedite che hanno fatto di Double Dragon una pietra miliare dei videogame di combattimento, nonché un punto di svolta.
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Oltre a tutte le novità introdotte dal gameplay troviamo inoltre una grafica davvero impressionante per l’epoca, definita e con animazioni davvero incisive. Da notare le grandi dimensioni di alcuni nemici, decisamente esagerate quasi a voler richiamare le situazioni di quel Hokuto No Ken - ovvero Ken il Guerriero - che spopolava in quegli anni.
Double Dragon è un successo immediato in tutto il mondo e viene ovviamente convertito per numerosi formati “da casa”. Purtroppo i risultati sono decisamente altalenanti: difficile infatti individuare una versione soddisfacente per gli home computer dell’epoca. Su Commodore 64 ricevemmo addirittura due distinte conversioni a opera di Ocean, una decente ma priva del supporto per due giocatori e una praticamente orripilante. Il fallimento più doloroso è sicuramente quello delle conversioni per Amiga e Atari ST, davvero al di sotto degli standard che i loro hardware avrebbero garantito.
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In ambito console le cose andarono meglio con una bella versione rielaborata per NES e addirittura una bella versione per Sega Master System, senza contare l’arrivo a sorpresa sullo sfortunato (ma assai potente) portatile Atari Lynx. Una ritardataria versione per Sega Mega Drive arrivò sul mercato nel 1992, diventando rapidamente la migliore conversione del gioco fino alla riproposizione su Game Boy Advance del 2003.
Il grande successo di Double Dragon ha dato vita a una serie che continua fino a oggi, passando per il discreto Double Dragon II: The Revenge del 1988 (davvero molto simile al primo), per il deludente Double Dragon III: The Rosetta Stone del 1991 fino ai più recenti Double Dragon Neon (2012) e Double Dragon IV (2017).