Negli anni ’90 i due colossi dei videogiochi hanno dato vita a uno degli scontri più appassionanti e accesi della storia dei videogiochi
di Mattia Ravanelli© ign
Prima che Sony decidesse di rompere gli indugi, gettandosi sul ring con la sua PlayStation. Molto prima che Microsoft decidesse di volere una fetta della torta, elaborando il progetto Xbox. Prima, nella seconda metà degli anni ’80 e per il decennio successivo, sono state Sega e Nintendo a dare vita a uno scontro senza esclusione di colpi.
Chi è nato o ha conosciuto i videogiochi nel nuovo secolo non può nemmeno supporre quale fosse il livello di aggressività che accese gli anni ’90, in particolar modo (se non unicamente) negli Stati Uniti. Là dove le pubblicità comparative erano non solo possibili, ma spesso protagoniste, i due giganti giapponesi dei videogiochi si sfidarono per il dominio del mercato. Tra le presidenze di Bush Sr. e di Bill Clinton, nel pieno del dominio di Jordan e dei suoi Chicago Bulls nell’NBA, mentre dal nord-ovest dello stato di Washington una nuova cultura musicale invadeva i 51 stati (e altri continenti)… Mario e Sonic si davano appuntamento prima tra le pagine delle riviste, poi negli spot televisivi e solo alla fine nei negozi, quando toccava agli scontrini decretare il successo dell’una o dell’altra.
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Come accade spesso, è chi ha terreno da recuperare che aggredisce per primo. Così è stata Sega la principale promotrice di uno scontro che l’avrebbe legittimata per il solo motivo di potervi prendere parte. Arrivata dal fallimento senza discussioni del suo Master System, maciullato negli States dal NES di Nintendo, l’etichetta giapponese (fondata da un americano) si presentò negli States con il suo Genesis (da noi Mega Drive) nell’estate del 1989. Un anno dopo il lancio tutt’altro che clamoroso effettuato in patria e dodici mesi prima della discesa del rivale Super Nintendo.
In un mercato che non era dominato ma all’atto pratico monopolizzato da Nintendo, Sega aveva tutte le intenzioni di dire la sua. Ma tanto per cominciare sarebbe bastato iniziare a farsi accreditare come rivale ufficiale e allora via alle urla e agli strepitii dalla carta stampata o dal piccolo schermo. L’idea era tutto sommato semplice: proporsi come un’alternativa al divertimento sicuro e per tutta la famiglia di Nintendo, andando a convincere gli adolescenti dell’epoca che era venuto il momento di crescere, di provare qualcosa di più “pericoloso”. Nasce così lo slogan che sarebbe rimasto nella storia: “Genesis does what Nintedon’t”, “Genesis fa quello che Nintendo non sa fare”, con un ovvio gioco lessicale efficace solo finché si rimane ancorati alla lingua d’Albione.
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Per lunghi tratti e come atteggiamento generale, Nintendo evitò di rispondere per le rime. Tutto sommato nell’immaginario collettivo era ancora la casa di Mario e Zelda a rappresentare l’idea di videogioco negli USA, in quel momento. Fare il gioco di Sega non avrebbe portato a nulla di buono. Se non che quell’anno di anticipo della console a 16 bit dei rivali e una serie di uscite azzeccatissime, su tutte il debutto di Sonic the Hedgehog, permisero in effetti al Genesis di prendersi una bella fetta del mercato. E allora ecco che, pur spostando le attenzioni sul mercato delle console portatili (dove la lotta tra Game Boy e Game Gear era assai più squilibrata a favore dell’hardware di Nintendo), arriva una piccola replica, che ufficialmente parte dal Regno Unito: “Perché il porcospino ha attraversato la strada? Per comprare Super Mario Land 2!”. Costruita sulla premessa di mille e più barzellette (non dalle nostre parti), la battuta sfrutta poi la natura dell’eroe in blu di Sega per mettere in luce il (clamoroso) secondo episodio delle avventure portatili di Mario.
Ma Sega era da tempo senza freni. Prima metteva direttamente a confronto il numero di giochi disponibili per Genesis e per Super Nintendo, ovviamente a suo favore considerati i differenti tempi di presenza sul mercato delle console, poi si inventava letteralmente il “Blast Processing”, teoricamente un misterioso miscuglio di capacità tecniche ad appannaggio della sua console a 16 bit capace di elevarla al di sopra della concorrenza. In realtà una purissima trovata pubblicitaria senza fondamenta.
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La storia avrebbe regolato i conti con esagerata crudeltà: terrorizzata all’idea di abbandonare la sua gallina dalle uova d’oro, il Genesis/Mega Drive e confusa da una lotta interna tra le sedi giapponesi e statunitensi, Sega avrebbe fallito tutti i “colpi” successivi, ritirandosi dal mercato dell’hardware nel 2001. E, a quel punto, avvicinandosi idealmente ai nemici di un tempo, facendo spesso delle console di Nintendo la nuova patria per la serie di Sonic. Non per nulla è proprio su Switch che Sonic Mania, disponibile anche per PlayStation 4, Xbox One e PC, ha fatto registrare le vendite migliori. Dopo una guerra tanto selvaggia, era rimasto il rispetto e l’onore per l’avversario. Da una parte e dall’altra.