Sapevate che anche nella palletta gialla Namco c’è qualcosa di molto, molto affine al nostro… gusto italiano?
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È difficile indicare un’icona più riconoscibile di Pac-Man. Stando al racconto del padre della mascotte di Bandai Namco Entertainment, Toru Iwatani, l’idea del personaggio (e del cuore del primo videogioco) nacque osservando una pizza, alla quale mancava uno spicchio. Da questa divagazione culinaria è nato uno dei personaggi più longevi della storia dei videogiochi.
Il suo debutto risale ormai a quarant’anni fa, nel 1980, e solo in quell’anno vennero venduti più di trecentomila cabinati. Il nome deriva dall’espressione giapponese paku-paku, un’onomatopea che rappresenta l’inghiottire qualcosa; il termine venne quindi adattato in inglese, in un primo momento, come Puck-Man.
Temendo però la vandalizzazione dei cabinati, data l’eccessiva somiglianza con una certa parolaccia, assai comune oltreoceano, si optò per una versione alternativa, ovvero Pac-Man – destinato, come sappiamo, a imprimersi nella mente di una miriade di giocatori.
Il suo aspetto è cambiato nel corso degli anni, pur mantenendo una certa costanza. Fin dalle immagini apparse sui primi cabinati, la sfera gialla è stata caratterizzata da scarpe rosse e guanti, nonché dai grandi occhi neri e dal naso a dir poco pronunciato. Questo ultimo dettaglio venne ridimensionato negli anni '90, mentre per scarpe e occhi subirono un restyling un paio di decadi più tardi.
Se avete visto o giocato i primi capitoli dell’omonima serie, di certo saprete che a questo aspetto umanizzato è servito un po’ di tempo prima di diventare l’avatar in gioco del personaggio: fino al 1984, Pac-Man rimase un cerchio bidimensionale, spezzato solo dalla bocca.
Al contrario dell’aspetto, la caratterizzazione di Pac-Man come personaggio si è dimostrata, negli anni, ben poco granitica e soggetta a varie interpretazioni o riletture. Se si considera la totale assenza di una trama “canonica” dai primi capitoli, è facile capire il perché.
C’è un unico punto – più o meno – saldo: Pac-Man è un padre di famiglia, felicemente sposato con Ms. Pac-Man (nonostante qualche signorina fantasma, in Pac-Man e le avventure mostruose, si sia invaghita di lui), con uno o due pargoletti al seguito, a seconda delle versioni. Un personaggio positivo, avventuroso ma pronto a fare sempre ritorno a casa alla prima occasione: c’è del tenero, insomma, in questa sfera gialla.
Questa personalità definita solo a grandi linee, unità a un’ambientazione disseminata di punti interrogativi e all’assenza di un filo conduttore chiaro e costante hanno però dato modo agli sviluppatori di sperimentare a volontà con Pac-Man e il suo mondo: avventure, platform, party game, ma anche flipper e simil-tetris.
L’eroe in giallo, assieme alla sua famiglia, non ha mai conosciuto confini né di genere, né di piattaforma: il passaggio dalle sale giochi (dove ha continuato a essere una presenza fissa per oltre tre decadi) alle console casalinghe è stato veloce e indolore. Allo stesso modo, non dovendo rappresentare in prima persona una casa produttrice di console, negli anni Pac-Man si è spostato tra periferiche Nintendo, Sony e Microsoft, senza dimenticare il mercato mobile.
Queste caratteristiche l’hanno reso anche un bersaglio ideale per adattamenti televisivi: negli anni ‘80 ABC confezionò due stagioni di una serie animata basata sulla famiglia Pac-Man, mentre qualche anno fa comparvero gli episodi in computer grafica del già citato Pac-Man e le avventure mostruose.
Pac-Man è un eroe con una sola faccia, ma innumerevoli caratteristiche. È difficile stabilire quale sia il potere che davvero definisce questo personaggio: se proprio dovessimo indicarne uno, probabilmente punteremo il dito verso il suo inesauribile appetito! Ma d’altra parte, cosa ci si poteva aspettare da un personaggio nato da una pizza?